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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

Donne al voto

2 Dicembre 2011
di Monica Luongo

Pochi giorni fa la foto di copertina del Corriere della Sera mostrava una donna egiziana nel momento del voto. Si intuiva immediatamente la differenza con le nostre procedure: seduta in un banco di scuola aveva alle spalle una altra votante, senza che il voto fosse protetto da alcuna privacy; è una procedura comune a molti paesi orientali e africani, le persone proteggono la loro privacy semplicemente schermando la scheda con le mani oppure votando dentro un catino di plastica (spesso infatti mancano i fondi per le urne oppure il bisogno di trasparenza del processo elettorale spinge le commissioni a istituire seggi all’aperto).

Quello che mi ha colpito di più in ogni caso, è stato che la donna in primo piano nella foto stringeva con il braccio sinistro un bambino addormentato sulle sue gambe, la mano destra libera, il volto incorniciato dal foulard come prevede la religione musulmana. E ho subito pensato al fecondo dibattito sulla cura avviato dal gruppo del Mercoledi, veicolato attraverso Leggendaria e ora sul nostro sito. Già, perché capita spesso nei paesi del sud del mondo che le commissioni elettorali nazionali si interroghino sulla legittimità per le donne di portare con sé i figli nell’urna, cosa inimmaginabile da noi (ricordo di aver votato con un figlio in carrozzina, affidato nelle mani del militare che presidiava i seggi).  E nella mia esperienza di osservatrice elettorale non mia capita praticamente mai di vedere uomini in fila per il voto accompagnati da bambini.  Una foto carica di simboli (lo spazio pubblico del voto, il bambino, il velo, la prossimità delle due votanti), per un Egitto dove le deputate saranno 64 su 508 seggi disponibili e dove le iscritte al voto costituiscono il 41% degli aventi diritto. Da un lato, dunque,  la decisione di imporre una quota per le future deputate, dall’altra il problema della registrazione dei votanti, che nei paesi in via di sviluppo o dove non si è mai votato in precedenza (o, ancora in casi post bellici) costituisce a mio parere la fase più delicata del processo di voto, cioè l’accesso ad esso e dove causa ignoranza o distanza fisica dai luoghi di registrazione le donne restano spesso a casa perdendo il diritto di voto.

Altra questione sul tavolo riguarda la capacità delle donne a entrare attivamente in politica ed eventualmente candidarsi, cosa ben diversa dalla partecipazione attiva alla vita del proprio paese, che invece è stata ed è tuttora vivacissima: una per tutte, la giovane attivista Mona Seif, che ha manifestato e partecipato alla rivolta egiziana di piazza El Tahrir, dialogando sul suo blog con gli altri attivisti, donne e uomini e diventando uno dei simboli della primavera egiziana. Nelle aree rurali del paese, dove i tassi di alfabetizzazione scendono al minimo e il coinvolgimento delle donne nella vita pubblica è limitato quando non assente, è impossibile trovare candidate; o almeno è questa la motivazione che viene fornita da coloro a i quali si chiede di spiegare il fenomeno.

Anche per far fronte alla crescita dell’importanza e a un maggiore coinvolgimento delle donne in politica, che IFES (International Foundation for Electoral System, www.ifes.org), forse la più grande organizzazione interessata al voto e ai processi di democratizzazione legati ad esso, ha varato – grazie ai fondi canadesi – un progetto per ridurre il gender gap nei processi elettorali nelle regioni del Nord Africa e Medio Oriente (MENA regions). E’ così nato insieme al Women’s Policy Research (IWPR), il portale www.swmena.org, con l’ausilio del quale valutare e comparare come le donne vedono esse stesse in politica, economia e società e fornendo utili strumenti per migliorare le loro capacità di lavoro e l’attività politica. Un ruolo chiave è riservato alle Ong, che contribuiranno sia alla prima fase del progetto – la raccolta dei dati e l’accertamento dei bisogni, la comparazione delle diverse realtà delle regioni MENA – sia alla seconda, attraverso una specifica formazione per migliorare la formazione delle donne e le campagne di informazione e formazione su empowerment e diritti civili. SWMENA sarà supportata anche dagli organismi elettorali locali e da trainer internazionali.

 

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