Tanto per cambiare, le donne Ds, quelle della mozione Fassino, che vogliono il Partito Democratico, si sono prodotte in un appello dal titolo “Insieme, in un partito nuovo di donne e di uomini“. Non è una novità. Partito di donne e di uomini doveva essere già, in tempi lontani, quello della “svolta“, il Pds. Poi se ne sono perse le tracce.
Anche gli appelli sono sempre circolati: degli intellettuali, degli economisti, dei militanti sindacali. Ma ora si tratterebbe di avviare una costituente delle donne “che partecipi tra i soggetti fondatori al processo costituente del nuovo soggetto politico“. Significa che non vogliono essere confuse con i maschi e che ci tengono alla loro “differenza“?
Veramente la proposta che va per la maggiore è un’altra. Dal momento che lei non riesce a sfondare (nel Parlamento, nelle istituzioni pubbliche) e dal momento che lui, giovane quarantenne, pur nella sua condizione anagraficamente transeunte – diventerà vecchio, non vi pare? – è escluso dal cursus honorum, l’idea sarebbe di ottenere un ricambio generazionale e una presenza femminile meno meschina. Donne al posto degli uomini; quarantenni al posto dei sessantenni. Proposta di geometrica potenza di Giovanna Melandri: trenta per cento di giovani (maschi e femmine, presumo), trenta per cento di donne (giovani e anziane?), trenta per cento di uomini.
Un gruppo di ragazzi importanti, tra i quali Luca Josi, hanno promesso che una volta giunti sulla soglia dei sessanta, lasciaranno il posto ai/alle più giovani. Intanto dovrebbero tirarsi dietro la porta, i sessantenni di oggi. In un lampo, da attuali potenti a poveri derelitti.
Anna Finocchiaro, presidente dei senatori dell’Ulivo, intervistata dalla Stampa, si dimostra più gentile. Anche lei batte sul ricambio generazionale ma, escludendo le autocandidature per la scelta della leadership, spera che “i cinquantenni si mettano in gioco come gli altri“.
Basterà questo genere di meccanismo per uscire da una politica in crisi?
Basterà per indicare le motivazioni di uno stare insieme che tiene insieme solo “i compagni di scuola“ descritti nel libro di Andrea Romano?
I diesse si separano. Peccato che manchi la legittimazione per scelte diverse da quella del partito democratico. Risuona la parola: scissione. Massimo D’Alema chiede di evitare “il pathos“ degli addii. Marco Minniti manda a dire che se le cose stanno così, meglio che Mussi non si presenti neppure a Firenze.
Non si poteva immaginare questa prima fase del Pd “come un ballo in piazza“ è stato il commento di Romano Prodi. In attesa del IV congresso della Quercia, le donne si dividono – tal quale gli uomini- tra mozione Fassino, Mussi e Angius. Quelle della mozione di maggioranza propongono una costituente per il Partito democratico, lasciando ai professori Gualtieri o Vassallo il compito di suggerire meccanismi per la rappresentanza femminile attraverso coppie (maschio-femmina) oppure “liste corte“ di maschi-femmine alternati. Siccome non amano il conflitto, scelgono la via dell’appello. Tanto per non farsi troppo male.