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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

In una parola / Libertà e sinistra. Fondamenti e radicamenti

26 Aprile 2025
di Alberto Leiss

Pubblicato sul manifesto il 15 aprile 2025 –

Venerdì scorso alla Camera c’è stato l’incontro voluto dall’Associazione per il rinnovamento della sinistra (Ars) e dalla rivista Critica Marxista per ricordare Aldo Tortorella. Ma oltre al ricordo, che è emerso in tanti toccanti racconti sugli scambi personali vissuti con Aldo da uomini e donne che hanno parlato, mi sembra che sia stata profondamente condivisa l’opinione, pur in presenza di pensieri diversi, che la figura intellettuale e politica, oltre che umana, di Tortorella, merita un serio lavoro di riscoperta e di discussione ampia (un primo approccio sul prossimo numero di Critica Marxista).
Non faccio un resoconto. L’incontro era intitolato “Comunismo e libertà. Il punto di vista di Aldo Tortorella”: si può vedere e ascoltare la registrazione integrale su Radio Radicale, che torno a ringraziare per averla trasmessa in diretta e archiviata in quel preziosissimo luogo che è il sito della radio (https://www.radioradicale.it/scheda/756648/giornata-di-ricordo-e-riflessione-comunismo-e-liberta-il-punto-di-vista-di-aldo). C’è anche il filmato integrale che ha concluso la riunione con le parole dello stesso Tortorella, raccolte in occasione dei suoi 90 anni e montate da Francesca Bracci e Uliano Paolozzi Balestrini con il titolo spinoziano “Un personale e libero giudizio”.
Aldo si è sempre tormentato, durante la sua lunga “carriera” politica, dalla resistenza all’Unità, alla direzione e poi alla segreteria del Pci, e ancora di più dopo la fine del Pci, sui motivi profondi del fallimento tragico del tentativo di realizzare qualcosa di diverso dal capitalismo nei paesi che si definivano “socialisti”. Ripeteva che era necessario scoprire “nuovi fondamenti” per le idee e la pratica politica che dovrebbe essere capace di agire la sinistra. Archiviare il nome “comunista” ha aperto il rischio non solo di rimuovere quel che di buono c’era stato nella storia del movimento operaio, particolarmente in Italia, ma anche – ed è la cosa peggiore – non vedere dove si era sbagliato.
In questi giorni mi è capitato di riflettere sulla parola “fondamento” e la sua origine molto legata alle pratiche di costruzione edile. Le “fondamenta” devono essere ben salde se si vuole che l’edificio non crolli e cresca in altezza.
C’è troppa preoccupazione per la statica, in questo linguaggio?
Vero che nell’edificio solidamente costruito poi potrà svolgersi una attività libera e varia. Ma quelle pareti e quegli spazi così ben piantati sul terreno non si trasformeranno anche in barriere, in percorsi obbligati?
Forse è meglio parlare di nuove “radici” e diverso “radicamento”? Sono sempre stato affascinato dalla parola “radicale”: un aggettivo che definisce la profondità e l’alterità, la novità, l’acutezza di una posizione ideale, sentimentale, scientifica. E sopra le radici cresce una pianta. Un organismo capace di mutare se stesso, che impara a stare in relazione con altri simili e con l’ambiente che lo ospita.
Insomma, deve cambiare la natura stessa della ricerca critica necessaria per reagire alle tendenze mostruose di un mondo che viaggia in guerra verso ingiustizie sempre più orrende.
Persino il Foglio ieri si interrogava sul destino del rapporto tra democrazia e capitalismo vista la parabola trumpiana. Noi di sinistra dobbiamo riconoscere gli errori “fondamentali” che hanno deviato il nostro cammino verso la libertà. Ma tocca a tutti cercare le premesse sbagliate della democrazia cosiddetta liberale da cui derivano i mostri “occidentali” attuali.
Da leggere Ida Dominijanni sull’ultimo Tronti e il “totalitarismo democratico”, Il Tascabile (https://www.iltascabile.com/societa/totalitarismo-democratico/)

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