La lettura dei commenti sul discorso del vicepresidente americano Vance a Monaco e sulla prospettiva – chissà poi quanto realistica – di un accordo tra Trump e Putin sulla fine della guerra in Ucraina, apparsi domenica sui principali quotidiani italiani, mi ha scandalizzato.
Altissimi lamenti su quello che Ezio Mauro, su Repubblica, definisce «il punto più incomprensibile di ciò che sta accadendo: la resa culturale di ciò che resta dell’Occidente». Tra Trump e Putin sarà una “pace imperiale”, non una “pace giusta”. Sul Corriere della sera Ernesto Galli della Loggia ha fatto la “lezione” a Vance: è ignorante e non si è accorto di avere sostenuto le stesse idee della “cancel culture” che in patria combatte. «Ha buttato a mare decenni di storia degli Stati Uniti». Meno male che «molti di noi Europei» quel passato «ci ostiniamo, nonostante tutto, a considerarlo glorioso». Toccherà a noi salvare gli Usa dai nuovi barbari che hanno vinto le elezioni?
Che ci sia “barbarie” nelle posizioni di Trump, Vance e del loro primo compare Musk, non lo nego certo. Ma dovremmo interrogarci sul fatto che i “valori occidentali” oggi non vengono amati né dalla maggioranza dei paesi del mondo, né da una maggioranza di elettori americani. E lo sono sempre meno anche dalle nostre parti.
Non sarà perché questi valori sono stati anche nel più recente “passato glorioso” degli Usa e dei loro alleati clamorosamente contraddetti? Quante guerre scatenate per “esportare la democrazia” e combattere terroristicamente i terroristi? Come mai la “globalizzazione” capitalistica esaltata dai Clinton e dai Blair ha rovinato la vita ai lavoratori americani, inglesi, e anche a molti europei? Com’è che ora si rimpiangono gli accordi di Minsk che già nel 2014 avrebbero potuto risolvere il conflitto tra Russia e Ucraina? Ecc. Cose ricordate nell’editoriale domenica su queste pagine da Tommaso Di Francesco.
Ma il paradosso più grande è che i titoloni hanno gridato: «La rivolta dell’Europa», «L’Europa reagisce a Trump». Alla riscossa? E in che cosa consiste? Nella intenzione di correre a armarsi, magari deducendo le spese militari dai bilanci, invece di farlo per la spesa sociale.
Esattamente quello che chiedono i nuovi padroni americani! Tutto come prima…
Ma vorrei cambiare, anche se non del tutto, argomento.
Mercoledì 5 febbraio avevo passato gran parte della giornata in ospedale accanto a Aldo Tortorella. Prima di andarmene un colloquio con i medici curanti aveva tolto quasi tutte le speranze. Avevo prenotato il concerto quella sera del pianista russo Daniil Trifonov, all’Auditorium di Roma. Forse, in compagnia di una cara amica, ho ascoltato con più tensione e partecipazione.
Trifonov è poco più che trentenne, già da qualche tempo acclamato come un prodigio. Oggi vive e si è sposato in America. Ha suonato Čajkovskij, Chopin e Barber. Un viaggio nella musica classica russa, europea (tra Polonia e Parigi) e della contemporaneità americana. Ha concluso tornando a Čajkovskij, eseguendo una trascrizione per pianoforte del balletto La bella addormentata. Una musica russa al quadrato, questa, anzi al cubo. La trascrizione è di un altro grande pianista e compositore russo contemporaneo, Mikhail Pletnev, e l’esecuzione di Trifonov ne ha tratto sonorità trasfigurate, straordinarie.
Può esistere un “Occidente”, soprattutto europeo, senza considerare propri anche i “valori” della cultura russa? Non è a questo che si dovrebbe pensare sperando prima di tutto che termini la carneficina in Ucraina? Una pace più giusta si potrà costruire nel tempo se si crede di credere in valori giusti. Ma forse vanno ripensati – diceva Aldo – dai fondamenti.
Per ricordare Aldo Tortorella segnalo qui di seguito due pezzi pubblicati dal sito del Centro per la riforma dello Stato (Crs) firmati da me e da Alberto Olivetti, e un intervista fatta a me da Alessio Barbazza sulla rivista on line Ytali, diretta da Guido Moltedo:
https://centroriformastato.it/aldo-tortorella-linquietudine-della-liberta/
https://ytali.com/2025/02/16/il-comunismo-un-punto-di-vista-ricordando-aldo-tortorella/