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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

Il femminismo tra strumentalizzazione e egemonia

22 Gennaio 2025
di Letizia Paolozzi

Giorgia Meloni e la ministra Eugenia Roccella

Si avvia a finire l’estate quando “Il Foglio” se ne esce con un bouquet di femministe (qui non abbiamo alcuna intenzione di mettere in dubbio la loro buona fede) che – detto molto rozzamente – portano acqua al mulino della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.
Ma, rassicura una di queste femministe, Alessandra Bocchetti, dai contenuti politici del suo governo “naturalmente prendo le distanze”.
Cioè, bene Meloni. A prescindere, avrebbe detto Totò.
A prescindere dal disegno di legge sulla sicurezza che nega la carta Sim a chi non possiede il permesso di soggiorno; dalla “resistenza attiva” a un pubblico ufficiale del manifestante che rischia la condanna fino a quindici anni; dalla protesta del detenuto (magari per la condizione di degrado dell’istituto in cui è rinchiuso o per i nove suicidi dall’inizio dell’anno) il quale si troverà sul capo il reato di rivolta.
A prescindere dall’ipotesi di una legislazione feroce che rimanda a quella, assai antica, del wade (vagabondaggio).
Ma tant’è. Sembra di ritorno la vecchia e mai sopita questione della leadership femminile con gli applausi per quante arrivano in alto. Se poi – vedi l’attuale presidente del Consiglio – viene lanciata la sfida: “So fare la militare, la poliziotta, l’astronauta come te”; anzi, è chiaro, assai meglio di te. E si esclude l’equivalenza con il maschile, il successo è assicurato.
Intanto il maschile ha poche parole ma tante lacrime da versare sulla perduta autorità (paterna) ascoltando l’enunciato: “Io sono Giorgia, sono una donna, sono una madre”.
Trump che balla con i Village People ci mette del suo a esibire la perdita di autorità con uno spettacolo degno dell’”Aereo più pazzo del mondo”.
Questo spettacolo però non significa che si accetti la fine del patriarcato. La first lady ha nascosto gli occhi sotto il cappello alla cerimonia per il ritorno del marito alla Casa Bianca ma la posizione di privilegio maschile non è scomparsa. Permane la violenza sulle donne. E non solo sulle donne bensì nello squilibrio strutturale dei rapporti sociali, economici, culturali del pianeta.
Ora accade che Marina Terragni (scrisse un libro interessante sulla “Scomparsa delle donne”, femminista passionalmente gender critical, schierata con il governo nel considerare reato universale la gpa) sia nominata garante dell’infanzia e dell’adolescenza dal presidente del Senato e dal presidente della Camera.
Farà bene, farà male, seguono appelli di femministe “Ci aiuti nella lotta alla PAS” oppure testi di altre femministe (redazione Via Dogana 3 della Libreria delle donne di Milano: “Non fare di tutt’erba un fascio…”) che precisano: non si possono attribuire le posizioni di Marina Terragni a tutto il femminismo della differenza.
Aree calde del dibattito: può esistere una femminista che si colloca a destra nello scenario politico? Una donna che codifica le differenze tra uomo e donna, esaltandone le caratteristiche biologiche, non sostiene le politiche della classe dominante?
Ora, credere che le femministe siano di per sé di sinistra o progressiste è una vecchia aspirazione ma non ha mai corrisposto alla realtà. Dopodiché, le femministe (di destra o di sinistra) possono dividersi, confliggere e avere diversi punti di vista su una serie di temi: l’aborto, la maternità, il femminile, la prostituzione.
E se il governo, reazionarissimo, legatissimo a “Dio, Patria, Famiglia”, intende aggirare la libertà di scelta (con i Pro Vita), assolutizzare la maternità, essenzializzare il femminile, punire i clienti del sesso a pagamento, ci sono femministe che non arretrano di fronte all’idea di siglare con questo governo un patto, un accordo, una alleanza.
Un femminismo sensibile alle questioni del potere, che cerca la scena illuminata oppure punta al raggiungimento dei propri obiettivi? Aspetterei a vedere cosa combinerà la garante per l’infanzia e l’adolescenza.
D’altronde, la destra, affamata di egemonia (ispirandosi al povero Gramsci), è interessata al femminismo. Non lo considero una jattura. Magari è una strumentalizzazione ma anche una sottolineatura dell’importanza del movimento delle donne.
Il quale movimento è sempre stato una comunità politica plurale e non pacificata. Se ora gli scontri rischiano di metterlo in crisi, sarà bene riaprire una discussione più libera e esplicita.
L’appuntamento per sabato 22 febbraio “Il permesso del mondo”, organizzato da Alessandra Bocchetti e Franca Chiaromonte presso il cinema Farnese, può tradursi in una occasione.

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