Quest’anno la settima edizione di Femminism. Fiera dell’editoria delle donne alla Casa Internazionale delle Donne di Roma è stata dedicata alla memoria di Bianca Pomeranzi. Pubblichiamo l’intervento pronunciato da Letizia Polozzi all’inaugurazione dell’evento il primo marzo 2024.
Il solo modo che conosco per curare l’assenza, il vuoto lasciato da Bianca Pomeranzi, è quello di nominarla. E di nominare assieme le sue meravigliose contraddizioni, i suoi candidi tic.
Anche a rischio di sbagliare nelle osservazioni che farò e di questo chiedo scusa alla sua compagna Maria Rosa già in anticipo, però approfittando della possibilità che ci da “Feminism”, la Fiera dell’Editoria delle donne che si svolge alla Casa Internazionale, di esprimere non solo rimpianto ma la volontà di mettere a fuoco lati di Bianca molto particolari e che, con il loro essere nominati, ce la rendono più viva, più vicina.
Era una guerriera che lottava per la pace. Aveva un rifiuto totale delle guerre. Non sopportava l’organizzazione virile della Città. Né le gerarchie verticali per cui le donne sono pagate di meno, soffrono di una maggiore precarietà.
In una assemblea, in un incontro politico, all’improvviso si lasciava guidare dalla passione e pronunciava parole veementi invece di leggere una relazione composta con le dovute cautele e mediazioni.
Combatteva la violenza e tuttavia guidando la macchina, il gesto temibile, la frase minacciosa di un muscoloso automobilista nei suoi confronti, la spingevano ad abbandonare tutte le cautele.
Se non la trattenevi, sarebbe scesa a ingarellarsi, lei donna, in una lotta corpo a corpo con il rappresentante dell’altro sesso.
Gli stessi attacchi d’ira provò per vent’anni di fronte alle malefatte notturne e diurne di Berlusconi. Sfidò non solo il dominio patriarcale ma l’affermarsi della globalizzazione neoliberale.
Soffriva di un complesso di orfanellaggine per cui, pur essendo tra le donne più generose che ho conosciuto, dubitava sempre di venire tagliata fuori, non voluta, dimenticata.
Voleva essere coinvolta, implicata dalle più giovani. Fu vicina alla libreria Tuba, soffrì il rapporto debole con Non Una di Meno, frequentò Lucha y Siesta, cercò le donne delle istituzioni, ebbe rapporti con la Casa delle donne di Milano. E molti luoghi, collettivi, gruppi dimentico.
Femminista da sempre, in un’assemblea iniziò dicendo. “Sono lesbica e di provincia”. Partecipò al primo gruppo di autocoscienza lesbica di Pompeo Magno.
Era fiera del suo essere nelle reti transnazionali, al Comitato nazionale Onu antidiscriminazione contro le donne. Il fatto che noi del gruppo del mercoledì in cui stava fin dalla nascita, non l’ascoltassimo con la dovuta attenzione la faceva soffrire.
Fu nell’ARS, Associazione per il Rinnovamento della sinistra (era vicepresidente). Scrisse per Alternative per il socialismo. Per Oltre il capitale, per Il manifesto.
Rivendicava il legame antico con la Casa; avrebbe voluto che le venisse riconosciuto in modo più esplicito.
Una peculiarità di Bianca consisteva nella telefonata mattutina dove praticamente spaziava da Washington a Kabul, dalla Cisgiordania alla lunga mano dei cinesi sull’Africa.
Amava le manifestazioni; andava a tutte, grandi e piccole, ai presidi, ai raggruppamenti. Anche negli ultimi tempi, quando la malattia la incalzava.
Aveva abbandonato l’identità famigliare aretina, eppure Arezzo, le amiche di Arezzo come Rossella e Iris, insomma con la “sua famiglia” femminile continuava a coltivarla.
Approfittò tra le prime delle Unioni civili e nel 2016 si unì all’adorata Maria Rosa Cutrufelli.
Non era mai stata comunista né gruppettara. Aveva interesse per l’emancipazione femminile e se non fosse stata trattenuta molto a stento dalle amiche meno istituzionali, avrebbe proclamato la sua simpatia per le quote, l’equilibrio della rappresentanza, la democrazia paritaria. Voleva un congruo numero di donne nelle assemblee elettive. Non nutriva una concezione moralistica del potere, non lo considerava di per sé un male.
Voleva stare nel mondo da protagonista. Ha compiuto il suo viaggio verso la libertà femminile assieme a noi, alle tante donne che ha incrociato e ci lascia in eredità l’impegno a continuare su questa strada.