Questo articolo è uscito sul sito del Crs (Centro per la riforma dello Stato) e riproduce l’intervento di Maria Luisa Boccia all’incontro per ricordare Elettra Deiana alla Casa internazionale della donne di Roma.
Elettra ha vissuto, pensato, messo in parola la rivoluzione dell’esistenza. Nel suo libro di memorie, Il tempo del secolo, ricorre a questa espressione per definire il Sessantotto “inestinguibile, irripetibile”. E precisa: lui – Edgardo, il suo compagno troppo presto scomparso, mai dimenticato – vedeva il processo rivoluzionario della classe operaia; io vedevo il mutamento antropologico dei soggetti, studenti, operai, donne, popoli colonizzati; tutti “in fuga dall’assoggettamento” all’autorità. Da subito quella rivoluzione ha per Elettra il segno della differenza sessuale, del rifiuto del patriarcato, della libertà dei corpi sessuati.
C’è un’altra espressione nel libro, riferita alla sinistra, che corrisponde al suo modo di essere e di pensare: “coraggio del presente e memoria del passato”, da coniugare per agire con efficacia il cambiamento.
Ho conosciuto Elettra agli inizi degli anni Novanta nel Forum delle donne di Rifondazione comumista. Venivamo da percorsi diversi, io dal Pci lei da Democrazia proletaria, ma convergenti nel modo di affrontare quel passaggio di epoca. La nostra sfida è stata quella di prendere parola da donne sulla fine del comunismo del Novecento, per coniugare libertà femminile e libertà comunista.
L’ attenzione era tutta sul “ri-fondare”. “Come ridare vita a una città distrutta dal terremoto che non sarà mai precisamente come era prima. Come ridare vita alla magnifica Aleppo che mi è nel cuore”. E’ un’immagine davvero straordinaria, per tutte le sue implicazioni, storiche, culturali ed esistenziali.
A guidarla è la consapevolezza che la prima decisiva discontinuità, il primo obiettivo politico, è spezzare il monopolio maschile del pensiero e dell’azione politica. La pratica del conflitto e non la definizione di temi specifici aggiuntivi, tanto meno la spartizione di compiti e ruoli, è stata fin dall’inizio la politica del Forum. E non a caso si è scontrata subito con la misoginia e, ben più doloroso, con l’ostilità delle donne non femministe.
La prima, bruciante, prova fu la bocciatura al 1°congresso di un articolo dello Statuto che riconosceva piena autonomia al Forum e ne assumeva la politica come parte integrante del progetto e dell’azione di Rifondazione. “Ma noi andammo avanti”, “accumulammo esperienze, riflessioni, battaglie, dentro e fuori il Prc”. “assumendo in proprio, pubblicamente, il progetto della rifondazione… parlammo con forza delle grandi questioni all’ordine del giorno”, prima tra tutte la guerra che tornava a insanguinare il mondo. Forti delle relazioni tra donne, non solo nell’area variegata del femminismo e dei movimenti, ma nelle istituzioni, in Italia e nel mondo. Non posso qui ripercorrerne le tappe più significative, ma la storia politica di Elettra, e del Forum, è davvero esemplare per competenza, autorevolezza, tenacia nel misurarsi con le grandi questioni del tempo.
“Se una storia finisce, finisce. Bisogna capirlo prenderne atto quando la parodia occupa la scena”. Ed è quanto ha fatto Elettra, dopo la caduta del governo Prodi, la sconfitta elettorale della Sinistra Arcobaleno e la rottura al congresso di Chianciano di Rifondazione. “Non avevamo valutato lucidamente – è la sua diagnosi – quanto la crisi della politica e della sinistra coinvolgesse anche le esperienze più radicali, anche il femminismo”. Prenderne atto non ha voluto dire però rinunciare a tener aperta la ricerca, pratica e teorica, di un mutamento radicale che investa le esistenze, i rapporti, le strutture sociali, i linguaggi.
È in questo contesto di sconfitta che abbiamo formato il Gruppo femminista del mercoledì”. Il nostro primo documento, è stato il “ Manifesto alla sinistra”, scritto da Elettra e Rosetta Stella. “Guardiamo con attenzione amorevole”, alla sinistra, scrivono nel testo di presentazione, perché “la differenza maschile ci riguarda”. “Ci mettiamo di traverso, né a lato, né contro”. In una posizione di autonomia non autoreferenziale, per agire uno scambio Un invito, poco o nulla raccolto, ma che oggi come allora se lo fosse, aprirebbe la possibilità di essere e fare sinistra in modo diverso.
Nel Manifesto torna il richiamo coraggio del presente. “Un coraggio misurato nella lotta. Per ogni piccolo giorno guadagnato di esistenza libera”.
Un invito che torna anche nell’ultimo testo scritto da Elettra con Francesco Martone e pubblicato in sul sito del Crs il 27 aprile 2022. Ucraina, l’abisso delle parole. E’ un atto di coraggio ammettere che le parole hanno perso senso, sono un involucro vuoto, immagini senza sostanza.
È vuota retorica la rappresentazione del conflitto tra Bene e Male, tra Occidente democratico e Oriente tirannico e oscurantista. La parola libertà perde significato se invocata per giustificare la mistica del sacrificio di un intero popolo: un corpo annientato non potrà più essere libero. Ed invocare la pace è un vacuo esercizio retorico che rivela l’inesistenza della politica se la sola scelta possibile è il ricorso alle armi.
Anche la storia è svuotata di senso, cancellata dal richiamo strumentale all’imperativo etico della resistenza, dalle accuse reciproche di nazismo, di genocidio.
Disertare la guerra nelle sue molteplici espressioni, nei luoghi materiali come in quelli simbolici. Disertare l’invito ad usare le armi. Per provare a riannodare le fila di una proposta politica che ci renda meno fragili, meno esposti alla paura e, di conseguenza, bisognosi di celebrare miti ed atti eroici per esorcizzare gli scenari apocalittici a cui siamo esposti.
Un richiamo quanto mai attuale urgente da accogliere. Con gratitudine per la tenacia e sapienza con cui Elettra ha continuato ad inviarlo.