Pubblicato sul manifesto il 17 gennaio 2023
Il mio vecchio cardiologo si raccomandò, molto tempo fa, che a pasto non mi facessi mancare un bicchiere di buon vino rosso. Ora leggo – piuttosto distrattamente (ormai me lo devo confessare: leggo distrattamente quasi tutto quello che pubblicano i giornali…) – che una sorta di complotto tra l’Irlanda (non ci sono mai stato ma sembrava un posto per certi versi simpatico) e le perfide burocrazie europee, potrebbe consentire al paese che produce quei whisky torbati tanto gradevoli di mettere sulle bottiglie di vino una perfida etichetta del tipo: “alcol e tumori mortali sono direttamente collegati”. O altri “alert” – questo il termine tecnico anglofono, credo – con simili paurose minacce.
E se comincia un paese, poi gli altri potrebbero facilmente accodarsi.
Qualche volta fumo un mezzo toscano (il solito cardiologo mi disse, sempre in un lontano passato, che se non si aspira e non se ne abusa non c’è nulla di male) e conosco l’irritazione che provo vedendo sulle confezioni gli avvertimenti terrorizzanti.
Ma perchè mi irrito? In fondo c’è molto di vero nel dire che fumare tanto tabacco, specialmente se avvolto in carta, e bere molto alcol può portare a conseguenze non buone per la salute.
Riflettendoci un po’ penso che i motivi siano due.
Il primo è assai banale. Se il rischio per i singoli e per le comunità è così alto, perchè queste droghe – di questo, mi pare, si tratta – sono vendute liberamente? Sembra una faccenda molto ipocrita. Tra l’altro, per stare al tabacco, apprendo che il mercato italiano è uno dei più fiorenti in Europa e nel mondo, vale circa 20 miliardi all’anno, con lo Stato che ne incassa 14 grazie a iva e le solite accise (fonte il sito Qui Finanza). Quindi lo stesso soggetto pubblico – lo Stato – che ci guadagna un bel po’, con un’altra mano scrive le norme che dovrebbero spaventare e dissuadere il consumatore…
Un secondo motivo di fastidio è la pretesa di “educare il pupo”. Si facciano con i media e il sistema sanitario tutte le campagne di informazione e prevenzione che si ritengano opportune, dopodichè ogni persona adulta sceglierà come comportarsi. Questo credo dovrebbe valere anche per altri tipi di droghe, a cominciare da quelle definite “leggere”.
Ma infine c’è un terzo argomento.
Quanti e quali sono gli oggetti, i beni di consumo, che “possono nuocere alla salute”? E che, in definitiva, spesso provocano dipendenza come una “droga”?
Sulle automobili in genere, e in particolar modo su quei giganteschi Suv che circolano liberamente nelle città, non starebbe bene la evidente scritta, anzi l’”alert”: “maneggiate con estrema cura questo dispositivo meccanico, può causare danni gravi, fino alla morte, agli altri e a voi stessi”.
Oppure sulle fiancate degli aerei a reazione: “se vi imbarcate in questi aggeggi volanti contribuite a avvelenare il pianeta e i suoi abitanti”.
Se poi gli aerei, oltre che a reazione, sono anche militari, allora il danno mortale relativo all’uso è matematicamente assicurato.
Ecco un possibile compromesso che mi viene improvvisamente in mente: l’Irlanda e tutti i vari organismi burocratici e democratici dell’Unione europea decretino che è illegale e severamente proibita e punita la costruzione e la commercializzazione di aerei da guerra e di ogni altra arma finalizzata a uccidere persone, e noi perversi amanti del micidiale Barbera forse ci rassegneremo a leggere sulle bottiglie (magari sul retro, a piccoli caratteri) che quel profumato e gustosissimo liquido rubizzo può condannarci a morte. Tanto a causa di qualcosa, prima o poi bisognerà ben accomiatarsi da questo mondo.