Gira intorno alla parola “sicurezza” e al suo “slittamento di significato” il libro di Tamar Pitch Il malinteso della vittima. Una lettura femminista della cultura punitiva (Edizioni GruppoAbele).
Slittamento nel senso di capovolgimento, vale a dire non più sicurezza per una casa, un lavoro decente, per una sanità che accolga i fragili, per l’ospitalità verso lo straniero, ma domanda di difesa, protezione, sostegno individuale, di riparazione per i torti subiti, di tutela nei confronti di tutto il brutto, sporco, cattivo in agguato lungo le strade della città.
In questo scenario la povertà viene criminalizzata. Diventa il possibile carnefice di una vittima spesso altrettanto povera, ma plasmata dal martellamento dei media sugli episodi più efferati di violenza; terrorizzata dai quartieri trasformati per il “carico residuale” dei migranti; esasperata dalla dilatazione delle diseguaglianze.
Siamo nel tempo della paura: del disordine, del profugo, del virus, della violenza. Per rispondere all’affannoso tentativo di placare l’ansia, si erigono muri tra “i perbene” e “i permale”. Brutale semplificazione: da un lato la vittima, dall’altro il carnefice. Quanti si trovano nella prima colonna, si sentono defraudati, imbrogliati (e spesso lo sono), maltrattati, dimenticati. Pretendono dunque una compensazione. A questo punto, chi difenderà le loro ragioni se non la giustizia con il “linguaggio del penale”?
Il libro, snello, ma costruito evidentemente su molta sapienza accumulata, disegna la materialità del nostro presente, conficcato tra passato e futuro. Un capitolo Tamar Pitch lo dedica al femminismo punitivo che per “lo sfruttamento, oppressione, diseguaglianza di risorse, di potere (anche simbolico), discriminazioni varie” cerca anch’esso risposte nella dimensione penale. L’autrice del Malinteso della vittima cita come esempi la campagna contro la gestazione per altri e quella contro la prostituzione portate avanti da alcuni gruppi femministi. Per loro la Gpa non è pratica problematica e contradditoria e la parola di quante portano un bambino, bambina che poi cederanno ad altri, non ha peso né valore. Così per la prostituzione: quelle che vendono il proprio corpo sono schiacciate dalla macina della vittimizzazione che gli nega soggettività e capacità di scegliere per sé.
Un altro capitolo riguarda i “reati di solidarietà”, le campagne contro le Ong, quelle contro i NoTav. La guerra simbolica alla pandemia che ha condotto alla negazione di qualunque argomento critico e alla semplificazione binaria amico/nemico, si è materializzata nell’invasione dell’Ucraina da parte dei russi. Ha prodotto una semplificazione connessa allo smottamento dei rapporti per cui “la divisione tra buoni e cattivi, tra bene e male, tra vittime e carnefici occulta il potere e la tela delle relazioni sociali”. In effetti, lo sfruttamento, l’abuso, la messa a profitto, l’ingiustizia sono nascosti, anzi, scompaiono, dietro la parola “sicurezza”, declinata sul versante punitivo.
Un quadro che la svolta neoliberale, conosciuta dall’Occidente tra la seconda metà degli anni Settanta e i primi anni Ottanta, ha contribuito a configurare, segnando la società, non solo economicamente ma culturalmente, tanto da sostituire nel discorso pubblico la figura della vittima a quella dell’oppresso.
Eppure, la storicità del mondo e la rappresentazione che ne fanno gli uomini e le donne non può essere ricondotta interamente a un sistema economico ma deve tenere conto del mutamento dei sentimenti, desideri, interessi degli individui, del loro sesso, dei luoghi che abitano, della generazione alla quale appartengono.
D’altronde, quanto incide a fianco del neoliberismo (che però da almeno quindici anni non sembra godere di buona salute) il declino delle identità politiche (il cattolicesimo popolare, il riformismo), la riduzione della classe operaia, la frammentazione del lavoro?
Il crollo del “Muro” ha sotterrato nelle macerie l’identità comunista mentre, con Tangentopoli, si affermava l’antipolitica, la messa al bando della casta, il giustizialismo.
Il fatto che le donne abbiano scoperto di possedere il destino nelle proprie mani ha fatto cadere molti veli. Altri ne cadranno. Questi elementi sono presenti, con maggiore o minor rilievo, nel libro di Tamar Pitch. A dimostrazione che il modo di produzione, quello di cui parlava Marx, influenza la vita materiale e spirituale degli individui, ma non proprio in tutto.