Un pranzo tra economisti e economiste della Banca di Italia e della Bce a Francoforte, una decina di anni fa. Vino francese da vigneti tedeschi, pasta italiana condita alla spagnola, biscotti inglesi ma con vaniglia greca, e così via.. Ne scrive una femminista e raffinata studiosa dell’economia, Paola Masi, mancata improvvisamente due giorni fa. Il testo, pubblicato su DWF (n.57, 2003, Il vento) lo legge una molto più giovane redattrice – Roberta Paoletti – della rivista che Paola animava, all’intenso ricordo collettivo che c’è stato ieri alla Casa delle donne di Roma. L’articolo, intitolato “Flessibilità”, discuteva questa parola, suggerita da un’altra femminista, Rosi Braidotti, a proposito della costruzione di una cittadinanza e identità europea coerente con un “progetto incerto, continuamente minacciato dalla nostalgia del mito di una “Europa Fortezza” o dalla tentazione di rispondere alla politica di potenza del “globale imperiale” sullo stesso registro”. Ma proprio per questo – continuava Paola Masi – “è un progetto importante, da pensare con la propria testa, da contaminare con la propria esperienza. Una cittadinanza aperta, invece che flessibile?”.
Queste parole sono risuonate in me insieme alle frasi e immagini che continuano a affollarsi nella testa dopo la bella, grande, bellissima e grandissima giornata di sabato. “Corpi di pace”, ha intitolato Avvenire, rendendo bene quel miscuglio interminabile di donne e uomini uniti da sentimenti di solidarietà, dalla cultura del lavoro e del sindacato, da passioni religiose e laiche, dalle esperienze dei movimenti femminili e femministi, dall’impegno di centinaia di associazioni della “società civile”, spesso citata a sproposito.
L’informazione ha perso una buona occasione di raccontare più da vicino le esperienze più civili, appunto, di una società che non riconosce più una rappresentanza politica credibile. Hanno fatto più notizia le battute di Conte e di Calenda…
Ho fotografato alcuni striscioni: “Il coraggio delle donne, fermiamo la guerra”, “Donna vita libertà”, “Disarmiamo il mondo”. Una riproduzione di Guernica inalberata dall’Arci. Tre signori in carrozzina con bandiere arcobaleno che erano la vera “testa del corteo”. Un camion carico di ragazzi e ragazze e di palloncini rossi e rosa. Qualcuno ha osservato: molti anziani, meno giovani. Bè, non è questa l’Italia? Evviva la buona memoria e la voglia di esserci ancora.
Altre immagini le ho raccolte da una mostra, voluta da una signora dell’arte italiana, Tomaso Binga, che ha riaperto il “Lavatoio contumaciale” in piazza Perin del Vaga, a Roma. Esposti disegni, dipinti e lenzuola ricamate di Clelia Mori, che da anni lavora sul tema del ciclo della maternità. Una sfumatura rossa verticale allude al mestruo e al sesso femminile: attraversa il susseguirsi della parole “sangue di morte”, cancellate, e “sangue di vita”, aperte alla lettura. Il segno del pennello si trasferisce in grandi “macchie” ricamate su antiche lenzuola di lino, che dalle gradazioni del rosso diventano delicate trame dorate. Il mistero “negato” di questo sangue, che nei millenni ha tanto inquietato il sesso maschile, non parla delle ferite della violenza e della guerra, ma della gioia della nascita e della vita. (La mostra è aperta fino alla fine di questa settimana)
Ieri il ricordo di Paola Masi è cominciato – dopo il saluto di Maura Cossutta, presidente della Casa delle donne – da un amico, Alfredo: “Paola è stata importante nella mia educazione di uomo… ho imparato da lei a usare meglio alcune parole importanti… la sua cultura, la cultura delle donne, ha ancora bisogno di essere compresa, da me, da tutti noi”.