Gli amanti maniacali della musica come il sottoscritto probabilmente sanno delle disavventure di Maurice Ravel al Grand Prix de Rome, un’istituzione nata nella Francia del Re Sole per premiare, con un lungo soggiorno nella capitale italiana – allora il luogo più ricco di cultura e arte – i migliori giovani artisti, soprattutto scultori e pittori. Selezioni durissime, ma chi vinceva aveva la carriera assicurata.
La musica entrò nel novero delle arti ammesse al premio solo con un decreto napoleonico del 1803: dopodiché era quasi impossibile per un musicista ambizioso sottrarsi alla prova. L’autore del Boléro ostentava indifferenza, ma provò a partecipare per ben cinque volte (diceva che gli interessava solo potersene stare gratuitamente un bel po’ a Roma…). Non fu premiato nemmeno l’ultima volta, trentenne al limite dell’età prescritta, e già molto noto per le sue composizioni: fu scandalo, e il direttore del premio dovette andarsene, sostituito da Gabriel Fauré. Correva l’anno 1905.
Non credo che molti musicomani sappiano però che fino a due anni prima, il 1903, il concorso era riservato ai soli maschi. La rottura di questo divieto (era anche obbligatorio, non essere sposati: il matrimonio è una distrazione dissipatrice per il genio studioso?) avvenne per una vera e propria rivolta, nel secondo anno del nuovo secolo, capitanata dalla compositrice Juliette Toutain, pluripremiata nei concorsi al Conservatorio di Parigi ma impedita come tutte alla meta romana. La sua protesta fece clamore e coinvolse altre musiciste e artiste in discipline diverse, la stampa parigina rilanciò la polemica e il ministro della pubblica istruzione Joseph Chaumié dovette cedere e imporre nuove regole al premio dell’anno successivo.
Juliette non poté giovarsene perché nel frattempo si era sposata (troppo sentimentali le ragazze che non pensano alla carriera?). Fu invece Hélène Fleury la prima a vincere il secondo premio (anch’esso molto ambito, ma non dava diritto al soggiorno romano), alla sua seconda prova, nel 1904. Una strada si era aperta.
Anch’io non sapevo nulla di questa vicenda, l’ho appresa grazie all’iniziativa del Conservatorio di Bari Niccolò Piccinni, che si ripete da diversi anni con il titolo “L’ombra illuminata. Le donne nella musica”. L’ottava edizione si è svolta a Bari la settimana scorsa a cura di Angela Annese e Orietta Caianiello, dedicando due giornate di studio proprio alle compositrici francesi e il Grand Prix de Rome, con il concorso di altre istituzioni culturali italiane e francesi (Alliance Française Bari, Palazzetto Bru Zane – Centre de musique romantique française, Venezia, e con il patrocinio dell’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici e del Centre International Nadia et Lili Boulanger, Parigi).
Studiose di livello internazionale hanno analizzato le composizioni delle donne che fino al 1968 (anno in cui il Prix cambiò completamente natura) parteciparono e vinsero al premio, studenti/esse e maestri/e del Conservatorio hanno eseguito le loro musiche, e una mostra ha illustrato le loro immagini e personalità.
Dopo il “caso Ravel”, nel 1908 suscitò polemiche che la musicista più nota del tempo, Nadia Boulanger, riuscisse a ottenere solo il secondo premio alla seconda prova. La giuria si ostinava nell’essere parruccona e misogina? Vinse invece finalmente il primo premio la sorella Lili Boulanger, nel 1913.
Ma ecco i nomi delle altre: Marguerite Canal, Jeanne Leleu, Elsa Barraine, Yvonne Desportes, Odette Gartenlaub, Adrienne Clostre, Eveline Plicque, Thérèse Brenet, Lucie Robert, Monic Cecconi, Edith Lejet.
Cercate in rete, qualcosa si trova…