Mentre “grandi” del mondo giocano alla guerra – purtroppo vera, con migliaia di morti tra soldati e civili, con missili e bombe su scuole e ospedali (usati anche come basi militari) e persino intorno a una centrale nucleare “civile” – i nostri piccoli leader invocano e perdono l’onore in una meno cruenta tenzone domestica.
Calenda ha invitato la sua minuscola compagine a non rispondere agli attacchi, chiudendo l’ennesimo tweet con il motto “Forza e onore!”. Rubato al generale-gladiatore Massimo Decimo Meridio, Russel Crowe nel famoso film di Ridley Scott. Letta gli ha risposto che “onore è rispettare la parola data”. Quella enfaticamente pronunciata tra strette di mano e la firma dell’accordo con il Pd. Liquidando il resto delle affabulazioni dell’ex alleato come “populismo. Di élite, ma pur sempre populismo…”.
Ma è mai esistito un populismo che non sia nato da calcoli elitari su come meglio ingannare il popolo?
Non mi addentro in valutazioni su ragioni e sragioni di questa rappresentazione.
Mi colpisce un’altra cosa. Il Corriere della Sera ha pubblicato ieri una immagine con tutte le forze in campo: intorno alle figure di Letta, Conte, Calenda, Berlusconi e Salvini una quantità di simboli di formazioni politiche e di faccette – una ventina – dei loro principali esponenti. A parte Giorgia Meloni (tra il “Cavaliere” e il “Capitano”) il solo altro volto di donna era quello di Emma Bonino accanto al logo di Più Europa.
L’immagine, con le previsioni di un calo della rappresentanza femminile nella furibonda lotta per le candidature al nuovo più piccolo Parlamento, parla di un altro aspetto. Ormai nel discorso della politica sembra definitivamente scomparso ogni riferimento al fatto che viviamo in un mondo di donne e uomini – e naturalmente anche di persone che fanno altre scelte quanto al proprio sesso e genere: un mondo nel quale il mutamento delle relazioni tra i sessi ha cambiato le vite di tutti ed è al centro dello scontro politico globale. Basterebbe pensare alla questione dell’aborto, negli Usa come in tanti altri paesi, alcuni nel cuore dell’Europa, oppure a quanto le vecchie idee patriarcali minacciate informino le visioni più reazionarie (da Putin a Pillon, per così dire).
Anche a sinistra, mi pare, sono scomparsi certi usuali richiami, per la verità retorici e privi di conseguenze percepibili, alla importanza del femminismo ecc.
Direi, per farla breve, che è un bene. Un elemento di chiarezza: è proprio vero che il ceto politico maschile, senza escludere gli ultimi arrivati tipo 5 Stelle, non riesce in alcun modo a vedere il mutamento che indica un modo radicalmente diverso di vivere e di produrre, di cambiare le relazioni tra le persone, e tra le persone e tutto ciò che ci circonda, atri esseri viventi, e quanto siamo abituati a definire “natura”. Tra la politica e la vita.
In questo la destra – non a caso Giorgia Meloni tenta di ridefinirsi “conservatrice” – appare più vicina alla realtà che vuole, appunto, “conservare” ma non ignorare. L’unica leader donna – probabile prossima premier – ripete quelle vecchie idee reazionarie, ma mette in scena la sua libera voglia di vincere. E l’amico e cofondatore del suo partito, Guido Crosetto – politico di lungo corso e di marca Dc, ma da qualche tempo e fino a oggi fuori da ogni incarico e competizione – ritaglia per sé la parte di chi pensa e parla altrettanto liberamente, ma restando un passo indietro: riconoscendo l’autorità della donna.
Per questo mi vengono idee che non condivido: ma sì, stavolta vincano loro due. Magari qualche anno all’opposizione aiuterà dall’altra parte a recuperare, se non l’onore, almeno un po’di senno?