Non mi hanno scandalizzata troppo i manifesti del PD ma non sono d’accordo con quanto hanno scritto Franca e Letizia. Per due motivi: il primo è che il PD riesce – diciamo così – a sputare nel piatto dove mangia, cioè a passare sopra alla sensibilità delle sue elettrici e sostenitrici, che in questo momento animano il dibattito con una vivacità che non si vedeva da tempo, con una disponibilità al “fare” collettivo che meriterebbe davvero una campagna porta a porta dei dirigenti del partito solo per stringere loro le mani. Quello che risulta davvero poco comprensibile è la superficialità con cui è stata gestita la campagna, la stupidità di aver gettato via denaro in consulenti pubblicitari per comunicare qualcosa che invece di invogliare offende. Mi piacerebbe sapere se c’era qualche donna al tavolo dei dirigenti dove le foto sono state scelte, e se c’era mi piacerebbe sapere cosa ha detto. Mi piacerebbe che le donne del PD che non hanno apprezzato i manifesti dicessero: amo il mio partito, non posso criticare troppo i capi che ne fanno parte però stavolta sto con le altre donne che si sono sentite offese. Io, ripeto, offesa non mi sento perché avverto di più sulla pelle altri soprusi discriminatori quotidiani, ma questo fa parte delle sensibilità di ognuna. Piuttosto mi viene una risata amara: passino le gambe che ammiccano a Marylin (che trovata originale, non l’ha mai fatto nessuno!) ma il manifesto che mostra un mezzo busto femminile un po’ androgino in cravatta come segno del vento che cambia sfiora l’umorismo. Mi sa che da domani dovremo invitare Camusso e Marcegaglia e indossare la cravatta come simbolo del potere femminile, la cravatta bandita persino da Marchionne. Il secondo motivo è meno faceto. La volontà delle donne in questo momento si manifesta trasversalmente e nelle forme più svariate, e io spero che si faccia anche e più simbolicamente minacciosa, come le belle signore velate che negli Emirati Arabi hanno guidato per un giorno l’automobile senza esserne autorizzate. Perché l’autorizzazione a dire quello che ci piace e non ci piace ce la siamo presa da molto tempo, ma forse non bastava e allora adesso molte di noi, in maniere del tutto differenti, lo stanno dicendo in modo ancora più forte, spostando voti, orientando opinioni di massa, indignandosi massicciamente. In campana, si direbbe a Roma, perché di questi tempi anche un manifesto può diventare una pericolosa buccia di banana, uno scivolone su cui in molte non sono più disposte ad abbozzare.