I TUTTOFARE – Film di Neus Ballús. Con Mohamed Mellali, Valero Escolar, Pep Sarrà, Paqui Becerra, Spagna 2021.
Il film “I Tuttofare” narra le vicende di Valero (al secolo Valero Escolar) e Pep (interpretato da Pep Sarrà), due handy-man che lavorano in una piccola azienda idraulica ed elettrica, nella periferia di Barcellona. Si occupano prevalentemente di manutenzione e di riparazioni. Valero è un operaio brontolone, tutto preso dai suoi tentativi di essere a dieta per buttare giù qualche chilo eccessivo. Pep, invece, è un operaio anziano, vecchio stampo, molto scrupoloso, che ama il suo lavoro e ne fa una questione di orgoglio. Non gli piacciono troppo le nuove tecnologie, adora il lavoro manuale e cura le punte dei suoi trapani come fossero figlie. Ma ha deciso che è giunta l’ora di andare in pensione e, per sostituirlo, arriverà in prova per una settimana Moha (interpretato da Mohamed Mellali), un giovane marocchino che sembrerebbe essere più esperto di elettricità che di idraulica.
Il problema però è che Valero è prevenuto, probabilmente lo sarebbe contro un qualsiasi altro giovane apprendista, ma lo è maggiormente in quanto Moha è arabo e non padroneggia ancora bene la lingua (catalana o castigliana?).
E così durante tutti e sei giorni gli handy-man (all’inizio in tre poi in due) girano nei quartieri della periferia di Barcellona battibeccandosi, entrando e uscendo o da appartamenti modesti e sobri o da ville e abitazioni di lusso. «Perché sono tutti così diversi? Solo Allah lo sa», dice Moha.
Questo è un ottimo spunto per un soggetto cinematografico: divertenti sono le gemelle pestifere, così come il centenario salutista o anche la fotografa in cerca di soggetti erotici da fotografare. La regista avrebbe potuto esasperare la rassegna di tipologie umane costruendo delle macchiette divertenti ed amplificando l’interazione comica tra i clienti e i lavoratori, ma non lo fa. Sembra che non abbia saputo decidere il tono da dare al suo film. In alternativa “I tuttofare” avrebbe potuto mostrare una storia alla Ken Loach, per problematica e ceto sociale, ma la regista non ha voluto scavare troppo a fondo e mettere in scena la desolazione: l’immagine degli immigrati nella casa di Moha mostrata da Neus Ballús, ad esempio, è più vicina alla rappresentazione di ragazzi apatici un po’ cretini che a una denuncia sociale (disoccupazione?). Inoltre il dato economico nel film non viene affatto menzionato.
“I Tuttofare” rimane quindi una commedia leggera che rappresenta un ibrido tra finzione e documentario dove il cinema costituisce una finestra sul mondo; a mio avviso quindi la regista avrebbe potuto indagare meglio i rapporti interpersonali, portare alla luce i pregiudizi e le distanze interrazziali che aleggiano tra le strade di Barcellona. Nel film, comunque piacevole, la città è il palcoscenico dove attori e spettatori sembrano scambiarsi reciprocamente i propri ruoli. Gli attori sono molto spontanei e le figure dei tre handy-man ben tratteggiate.
Barcellona è vista in un modo del tutto inusuale, non ci sono monumenti Gaudiani, né isolati Cerdiani, né tantomeno memorie della Barcellona delle Olimpiadi del 90: al di là delle superstrade c’è una periferia disomogenea, anonima e piccolo borghese, captata dai campi lunghi dell’obiettivo. Solo la presenza del Tibidabo costituisce il profilo identitario del tessuto urbano.
Neus Ballús è regista e sceneggiatrice catalana. Ha una laurea in Comunicazione Audiovisiva e un Master in Documentary Making. Il suo primo lungometraggio “La plaga” del 2013 era una sorta di documentario, anch’esso ambientato nella periferia barcellonese, ed è stato proiettato al 63mo Festival Internazionale del Cinema di Berlino. Figlia di un idraulico, Ballús vuole, con questo suo ultimo film, rendere omaggio a quel mondo poco noto al cinema e che l’autrice descrive con calore e con affetto.