TROMPERIE – INGANNO – Film di Arnaud Deplechin. Con Denis Podalydès, Léa Seydoux, Emanuelle Devos, Anouk Grinberg, Rebecca Marder, Madalina Constantin, Miglen Mirtchev, Saadia Bentaïeb, André Oumansky, Francia 2021. Fotografia di Yorich Le Saux, musiche di Julie Peyr.
Mi dispiace molto di non aver letto il libro di Philip Roth da cui è tratto, perché avrei voluto rendermi conto di come fosse stata la sua trasposizione filmica. “Tromperie – Inganno” ha un impianto decisamente teatrale ed è una sorta di kammerspiel. È organizzato in undici capitoli più un epilogo, tutte scene a due ambientate prevalentemente nello studio dello scrittore, di cui la presenza è costante: lui e un’altra o, in un paio di casi brevi, lui e un altro.
Da molti anni Arnaud Deplechin voleva trarre un lugometraggio da questo romanzo uscito nel 1990: del resto l’inganno è quello che accettiamo di vivere, più o meno consapevolmente, ogni volta che ci accingiamo a leggere un libro o a vedere un film.
Al centro del racconto ci sono due adulteri nel loro “nascondiglio”. Lui è uno scrittore americano di mezza età che vive a Londra, di nome Philip (interpretato da Denis Podalydès), lei (interpretata da Léa Seydoux) è una donna inglese spigliata, intelligente e colta, che soffre a causa di un matrimonio deludente cui, poco più che trentenne, è già rassegnata. Il maggiore ingrediente consiste nelle loro conversazioni, per lo più schermaglie amorose, prima e dopo aver fatto l’amore: un dialogo acuto, ricco, scherzoso, che comprende una gamma che va dal dolore alla gaiezza.
Philip usa le donne, ascolta le loro storie, le loro vicende, i loro dolori e le loro emozioni per trovare materiale per i suoi racconti. Le donne sono le sue muse e fonte inesauribile di ispirazione. E le racconta molto bene e bene le traspone il regista francese (deliziosa è la figura della giovane signora inglese).
Ma quanto ci sia di vero nei suoi amori, nelle sue relazioni, nei suoi rapporti sessuali con le donne o con le studentesse – «Solo tre!» dichiara interrogato Philip Roth – non ci è dato di saperlo. Alla moglie (interpretata da Anouk Grinberg) che casualmente ha aperto il suo taccuino di appunti Philip nega ogni realtà dei rapporti. Fantasia? Finzione? Fantasmi immaginari? Amplificazioni di storie concrete? Oppure bugie e tradimenti?
Siamo a Londra verso la fine degli anni ’80. Philip non ama troppo quella città, né i suoi abitanti. A Philip interessano di più gli immigrati, li aiuta, li ospita e dalle loro donne si fa raccontare il passato e le vessazioni dei regimi da cui sono scappate.
Lo scrittore non ama le donne “normali” che lo annoiano, ma si fa affascinare da quelle nevrotiche o da quelle gravemente malate, sia che la malattia sia fisica oppure una sofferenza psichiatrica. Il tema della morte e dell’invecchiamento è una costante nei romanzi di Philip Roth.
Un altro tema molto presente nel film è l’ebraitudine del protagonista che si chiede come mai gli inglesi abbassino la voce quando pronunciano la parola ebreo? Per lui, nato a Newark nel New Jersey e vissuto a Brooklyn, NY, l’essere ebreo è quasi un American pride confrontato con l’antisemitismo strisciante britannico.
Il cinema di Arnaud Deplechin sembra essere un costante dialogo tra teatro e letteratura. Qua e là il regista introduce, in modo quasi grottesco, tematiche che rimangono inesplorate quasi fossero delle vignette: lo spionaggio nei paesi dell’Est, il marito geloso con la pistola in mano, il processo stile #MeToo.
Si sono sprecati fiumi di inchiostro sulla misoginia di Philip Roth. Lui stesso, in vita, affrontò le accuse in modo quasi rassegnato. Riguardo alle critiche di presunto odio verso le donne, l’impressione è che ciò che lo scrittore aveva da dire sul tema ce l’abbia lasciato proprio nella scena da lui descritta (e da Desplechin rappresentata) in cui viene processato per «discriminazione sessuale, misoginia, abuso delle donne, calunnia nei confronti delle donne, denigrazione delle donne, diffamazione delle donne e dongiovannismo sfrenato».
Gli attori sono tutti molto bravi, in particolare Emanuelle Devos che interpreta la scrittrice ex amante di Philip malata terminale e la seduttiva Léa Seydoux, l’amante inglese che con le lacrime una volta esprime gioia, un’altra, dolore, un’altra ancora, emozione…
Dopo aver girato film notevoli come “I miei giorni più belli” del 2014 e “Roubaix, una luce nell’ombra” del 2019, Arnaud Desplechin è tornato al Festival di Cannes (sezione Premiere) con questo film, sceneggiato insieme a Julie Peyr e girato nel settembre 2020.