L’impero e le borgate; i monumenti e l’underground delle periferie: Roma nasconde, quasi si vergognasse, i suoi luoghi fuori dal centro.
Eppure, tante generazioni in periferia sono cresciute. Anche quella di Michele Rech, in arte Zerocalcare (dal nome di un detersivo per bagni e piastrelle), nato nel 1983, autore della serie animata “Strappare lungo i bordi”. Nonché autore di libri (pubblicati sempre da Bao edizioni), fumetti e tanto ancora.
Della serie animata Zero è il protagonista, radicato tra Rebibbia-Ponte Mammolo, assieme agli amici Secco, Sarah, Alice.
Dietro le spalle si è lasciato il film di Claudio Caligari “Amore tossico” (guarda il caso, del 1983) e di quella storia emblematica e straziante non c’è traccia salvo per “Dovremo svortà e te pijji er gelato” che ritrovi nel “S’annamo a pijà er gelato!” pronunciato da Secco, folgorante esempio dei dieci modi per non affrontare le difficoltà.
Anche il proletariato giovanile, l’immaginazione al potere, l’estetica di A/traverso e di Radio Alice, il coatto, l’overdose, il grido “Sceemi” sono roba di altri tempi.
E altri anni. Zero porta la felpa con teschio però sbriciola merendine asserragliato sul divano; si lamenta che “’sta domanda me devasta”; tiene un comportamento straight edge (niente tabacco, alcool e canne); ha avuto il battesimo di fuoco nelle giornate di Genova e viaggiato tra Turchia e Siria ma sul “sostegno emotivo nun ce capisco un c…o”;
Nella serie animata (sei puntate da venti minuti) la bandiera dei curdi sta attaccata al muro della stanza di Zero; (l’ambasciata turca si è risentita).
Il segno di “Strappare lungo i bordi” è lieve, fluido, ironico, però il paesaggio rimanda alle borgate livide, sporche, cupe, dai muri scrostati del vecchio fumetto “Ranxerox”. D’altronde, Roma è eterna e le cose non cambiano.
Ma qui, diversamente dalle storie di Tamburini non c’è violenza, nihilismo, disfacimento. Piuttosto disagio, inadeguatezza, insicurezza: “Sto impicciato” dice Zero.
Legato alla scena punk, la musica di Giancane e le parole iniziali “Te lo ricordi qualche anno fa/Quand’eravamo soli?/Sempre rinchiusi dentro un garage/E tutto il mondo fuori” descrivono il clima la situazione.
I Centocelle City Rockers e Batti il tuo tempo da mo’ che hanno ceduto il passo ai Klaxon, agli Isola Posse All Stars (durati pochissimi anni), agli Almamegretta, Ron, Tiziano Ferro, Gli Ultimi, l’hip hop, ska e techno.
I centri sociali occupati, da Forte Prenestino (dove Michele Rech inizia con la mostra Crack! Fumetti dirompenti) in su e in giù si sono ufficializzati. Autoproducono libri, nascono etichette, si scambiano vinyl, si provano numeri di danza. Sfilano cantanti, mangiafuoco e suonatori di bongo.
L’underground ha deciso che stare sul mercato non è male.
Non voglio discutere se si assista alla celebrazione del capitale (Netflix ha prodotto “Strappare lungo i bordi”) né intendo lamentarmi del romanesco e del fatto che Zero, Secco, Sara non chiudono le sillabe finali così non capisci un c…o. Aiutati con i sottotitoli che Dio ti aiuta.
Piuttosto, mi interessa questo planare della serie animata sfiorando dall’alto la concezione del mondo e del posto che ragazzi nati negli Ottanta vi occupano reagendo, ognuno a suo modo, allo strappo dall’adolescenza.
Zero “cintura nera de come se schiva la vita” può contare sull’armadillo, la sua coscienza critica (voce di Valerio Mastrandrea mentre Zerocalcare doppia tutti gli altri).
Un’attenzione particolare – secondo me – è attribuita ai personaggi femminili.
Tra tanti indecisi, paranoici, indifferenti agli altri, Sarah appare l’unica con un’idea chiara: “Da grande, voglio fare la prof”; ha la capacità di ascoltare il prossimo, di leggere i sentimenti; rimette al suo posto Zero sottraendolo al narcisismo esasperato.
Lei, la mamma di Zero, l’insegnante, la ragazza-topo alla quale Zero dava ripetizioni inaspettatamente laureata, mostrano un realismo del quale i maschi sono sforniti. Ovvio, dato che “i bagni dei maschi so’ il Vietnam”.
Pure la vecchia signora esibisce una sapienza profonda quando, sul treno, spiega a Zero il rapporto tra freddo e aria condizionata. E se lui ironizza “Grazie al c… o, signo’, sennò era una porta dimensionale che ci collegava a Plutone” la signora ribatte che sarebbe meglio portarsi sempre “un giacchetto quando si viaggia”.
Ecco, lode a “Strappare lungo i bordi” perché non c’è traccia di misoginia. Le femmine non “hanno continuamente sulle labbra le loro disgrazie” (Eschilo) e lo spazio generalmente occupato dal sesso maschile si ridimensiona, si limita.
Un ravvedimento del maschile finora incollato al potere?