“Non chiediamo la luna. Noi esigiamo l’eguaglianza, subito. Maintenant”: così 343 donne francesi concludono il loro manifesto, pubblicato sabato 2 aprile su Libération e tradotto su Il Paese delle donne on line. 343 come coloro che il 5 aprile 1971 si autodenunciarono per avere abortito.
Tra le firmatarie di allora Simone de Beauvoir, Catherine Deneuve, Francois Sagan. Furono ribattezzate dalla stampa conservatrice “le 343 salopes (donnacce)”. Tra le salopes del 2011 ci sono alcune del 1971, ma in maggioranza si tratta di giovani che in quell’anno non erano ancora nate.
Fanno parte di gruppi nuovi come “Indivisibles” o “Osez le féminisme”, dicono che le ineguaglianze di oggi sono meno visibili ma più insidiose. Riconoscono che un cammino è stato compiuto ma le donne sono ancora sotto il giogo del patriarcato. I diritti conquistati non vengono rispettati, né sul lavoro né nella politica.
Tanto meno sui media, dove comanda solo gioventù, bellezza e carnagione bianca. E migliaia sono le donne che subiscono la violenza fisica dei maschi, fino alla morte. “Il sessismo”, dice a Libération Rokhaya Diallo, nata a Parigi e di origine senegalese, “non è affare solo degli arabi delle periferie come hanno voluto farci credere. E per le donne non bianche la discriminazione è doppia”.
Temi e rivendicazioni che anche noi vediamo rincorrersi sulla Rete. Basta una rapida consultazione di siti quali zeroviolenzadonna.it , ingenere.it, donneinnetwork.it, dinuovodinuovo.blogspot.com e via elencando.
E pensare che spesso guardiamo con invidia alla Francia, soprattutto per i servizi in aiuto alla maternità! Senza contare che Sarkozy, per quanto narciso e conservatore, almeno non racconta barzellette. Sta di fatto che a Parigi come a Roma le donne più giovani, figlie delle femministe di un tempo, sono deluse nelle aspettative che le stesse madri avevano suscitato in loro.
Rinasce così una sorta di neo-vittimismo combattivo. Ma sarà anche neo-femminismo?
Una femminista sapiente come Luisa Muraro avverte però che “l’eguaglianza è un bene irrinunciabile, ma poi c’è un gioco più alto e lì bisogna lanciarsi. Il bisogno di diritti è senza fine se io rinuncio alla libera realizzazione di me. Si reclama, si piange, si scivola nel vittimismo, senza mai trovare soddisfazione” (intervista di Simonetta Fiori, Repubblica, 4 marzo). Per Muraro oggi “è l’immagine della donna che sta regredendo, non le donne nella realtà”. E per ricordare quale dovrebbe essere il punto di partenza, per tutte, ha scritto un libro che si intitola “Non è da tutti. L’indicibile fortuna di nascere donna”.