Domani alle 18 in diretta FB, la rivista Leggendaria organizza l’incontro “Tutte le ragazze fuori”, confronto a più voci tra donne, rappresentanza e potere. Tra loro, Cecilia D’Elia Riviello, Letizia Paolozzi, Giorgia Serughetti.
Donne e PD, donne e potere politico. Dibattito aperto da quando la scorsa settimana i “compagni” del partito hanno preso la quota loro spettante nel nuovo governo Draghi (tre poltrone) e hanno portato sul vassoio del Quirinale tre ministri dai nomi noti. Niente asterisco stavolta a indicare la doppia desinenza maschile e femminile, più comodamente solo uomini, capitani delle tre correnti dem. Le reazioni più o meno le conosciamo: risentimento, dispiacere, rabbia, e soprattutto “cosa fare”, come rispondere. Le proposte sono state diverse: restiamo nelle poltrone di sottosegretarie che ci sono state promesse e combattiamo in trincea, anzi no non le lasciamo, parliamo con i capi, ahinoi che tanto abbiamo fatto, quanta delusione.
Franca Chiaromonte e Letizia Paolozzi – che di PCI, PdS e PD e di sguardo femminista di quei mondi potrebbero scrivere la sceneggiatura, hanno scritto su questo stesso luogo: “Partite con un segno più (non sei più tu che mi interpreti e che decidi quello che va bene per me), le donne rischiano di arrivare con un segno meno”: un nuovo slancio verrebbe dal “legarsi a uomini che hanno interesse nello scambio”. Con un doveroso “se”, ovvero la speranza che esistano ancora buone reti femminili.
Condivido buona parte di questa analisi, ma per carattere e storia personale sono portata in questo momento storico e politico ad altre strategie di lotta, come il boicottaggio (tutte le donne PD si ritirano dalle proprie cariche, mentre si fanno intervistare da un bel po’ di testate internazionali e vediamo che succede), piuttosto che alcune proposte che sono girate (andiamo tutte nel gruppo misto, anzi no formiamo una corrente di sole donne). E mi è piaciuto il gesto della deputata Chiara Gribaudo che ha scritto al segretario Zingaretti: ovemai ti fosse venuto in mente, non permetterti di candidarmi a sottosegretaria. Ma sono anche arrabbiata perché non ho visto fino ad ora vere parole di autocritica, oltre a quelle doverose della ragione. Un ripiegamento femminista e politico che ha scordato alcuni fondamentali, e perdendosi in pur sacrosante cause (la violenza sulle donne, per dirne una), che sono servite a chi era in poltrona a proseguire indisturbato e ignorare il lavoro nell’ombra delle altre.
Oggi quando guardo le mie amiche (femministe e non), quelle che militano nel PD, quelle di loro a cui sono legata da affetti personali, dopo quell’amore vedo tra me e loro un telo scuro, che non vuole mostrare le differenze sociali che sono tra noi e molte altre: (io non percepisco un salario tu si per dirne una, non sono gelosa semplicemente non riesco a dirti molto perché in questo momento la disparità sociale sembra essere off topic, mentre la sorellanza è parola che lascerei al passato perché non siamo tutte uguali, ma proprio su galassie lontane). Quanto abbiamo perso guardando solo da una parte, quanto abbiamo lasciato che la vittimizzazione scaricasse le nostre pile, ci siamo forse accorte che nel personale come nel politico (ammesso che ci sia ancora una differenza di senso) abbiamo smarrito linguaggi e capacità di mediazione, che pure in altri anni della politica italiana abbiamo visto fare a molte donne della politica?
Se non fosse ancora evidente, sì sono molto arrabbiata, perché non riesco nemmeno più a farmi capire, certo colpa mia. Che sono lontana, che mi preoccupano i diritti de* rider e delle sex workers dimenticate e senza lavoro, e un po’ meno la guerra di post tra donne arroccate e uomini ottusi.
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