Pubblicato sul manifesto il 31 marzo 2020 –
Il tempo molto strano e difficile che stiamo vivendo (altro che “fuori dai cardini”…) ci ha offerto il più autorevole e significativo fuori-onda della vicenda politico-mediatica. È stato subito osservato, ma voglio ripeterlo, che le parole e i gesti di Mattarella diffusi per errore mentre pronunciava un discorso alla nazione, e all’Europa, così drammatico, hanno aumentato la credibilità e il potere affettivo di quel messaggio. Mostrando una umanità simpatica, vicina, persino ironicamente fragile, di colui che lo pronunciava.
Se ci è capitato di registrare un intervento davanti a una telecamera, sappiamo quanto sia facile confondersi, incespicare, sbagliare una parola. Specialmente se una persona nella quale riponiamo fiducia si sposta continuamente nella stanza dietro l’operatore di ripresa anziché starsene fermo e tranquillo. E c’è poi quel ciuffo bianco ribelle, perché “… non vado dal barbiere neanche io…”. Ci verrà in mente le volte che osserviamo allo specchio capigliature sempre più scomposte, con la tentazione di afferrare le forbici e rischiare incauti interventi solitari.
Negli stessi giorni ci hanno colpito – in una dimensione per così dire al di sopra dell’ onda che ci sbatacchia di qua e di là, eppure vicina al nostro essere “impauriti e smarriti” – i gesti e le frasi di Francesco, in quella enorme piazza deserta: “Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda”. Constatazione che è giusto avere ben presente, anche – e forse di più – se non contiamo molto sulla “cura” che il dio dei cristiani, secondo il Papa, si prenderà di tutti.
Questi modi di comunicare, da parte di persone che sembrano credere onestamente in quello che fanno, attirano empatia forse anche perché altre fonti non si rassegnano a un contegno un po’ più misurato di fronte a quello che succede.
Non citerò certo le frasi scurrili e i propositi politici potenzialmente disastrosi che il solito Salvini ha apparecchiato parlando di un’Europa (ma si tratta di in realtà alcuni governi nazionali) certo meritevole di critiche. Uno “stile” simile inverte immediatamente le parti del torto e della ragione. Come ha certificato un intellettuale disorganico della destra, Giuliano Ferrara: con quegli “urlacci” il senatore “ex Truce si è messo da solo nel sacco della sua personalità irrilevante e insieme ingombrante, delle sue ambizioni sbagliate e piccine, del suo spirito di ricatto e di molestia verso un intero popolo chiuso in casa o impegnato al fronte in una guerra dolorosa e difficile alla pandemia”.
Bisognerebbe poter citare invece le voci di tutti coloro che rischiano di restare sotto le onde, quasi sempre condannati anche al silenzio, fonti di nuove ansie – colpevolmente impotenti – per le rivolte che sono già avvenute (nelle carceri) e che potrebbero esplodere nelle aree sociali più sofferenti e generalmente rimosse dai discorsi pubblici.
Parlo di chi si ritrova senza il suo invisibile lavoro nero, di chi si accalca nei centri affollati di stranieri senza diritti, o è disperso senza fissa dimora nella strade deserte. O anche di chi – ne ha parlato sul manifesto Donatella Di Cesare – rischia di soccombere alla “pandemia della mente”. Gli “arresti domiciliari di massa” a cui siamo costretti possono infatti causare, non solo in “soggetti deboli” una “enorme implosione psichica”.
A noi che cerchiamo con qualche affanno di restare a galla conviene ascoltare e osservare con attenzione, con cuore e cervello, facendo quello che sappiamo e possiamo per inventare i rimedi che mancano.