SORRY, WE MISSED YOU – Film di Ken Loach. Con Kris Hitchen, Debbie Honeywood, Rhys Stone, Katie Proctor, UK 2019. Sceneggiatura di Paul Laverty, fotografia di Robbie Ryan, musiche di Gerge Frenton-
Siamo a Newcastle upon Tyne nel nord-est dell’Inghilterra, che una volta è stato un importante cantiere navale e un polo manifatturiero.
Qui, Ricky Turner (interpretato da Kris Hitchen) si convince che avere un’attività in proprio sia un affare e non vuole più lavorare sotto padrone. Spera in tal modo di guadagnare di più per potersi comprare una casa che già una volta era vicino ad ottenere, prima della crisi del 2008 quando aveva perso il lavoro fisso. Ricky si rivolge al mondo dell’e.commerce e si propone a una società di spedizioni come corriere, senza sapere bene che i corrieri fanno una vita dura tra mille difficoltà.
Un lavoratore autonomo? Gli dice il capo: «Qui non lavori per noi, lavori con noi». L’autonomia consiste nel metterci un furgone proprio, non avere malattia o ferie, fare attenzione agli orari delle consegne e non sbagliare mai neanche un dettaglio. Se per qualsiasi ragione ci si deve assentare per una giornata, si deve pagare in proprio un sostituto, altrimenti si rischia di perdere il lavoro. Le multe per gli errori sono salate e ai corrieri conviene stare molto attenti.
“Sorry, we missed you” è scritto sul modulo della compagnia di consegna dei pacchi quando il destinatario non è stato trovato in casa.
Abbie (interpretata da Debbie Honeywood), la moglie di Ricky, è un’infermiera che si occupa dei malati a domicilio: anziani non autonomi o giovani handicappati. Dalla mattina alle 7.30 fino alla sera tardi è occupata a prendersi cura dei pazienti, dovendo anche spostarsi da una casa all’altra con gli autobus perché il marito ha venduto la sua auto per comprarsi un furgone.
Ricky ha appena iniziato il suo nuovo lavoro, ed è pieno di speranze e buone intenzione. Lavora quattordici ore al giorno passandone la maggior parte nel suo furgone senza aver tempo neanche di andare in bagno, infatti, è costretto spesso ad orinare dentro una bottiglia.
I due costituiscono pertanto una coppia di genitori che ha poco tempo per badare ai due figli, Sebastian e Lisa Jane (interpretati da Rhys Stone e da Katie Proctor), non per scelta ma per necessità e specialmente il maschio teen-ager ha le porte aperte alle cattive compagnie ed è spesso in raid con la sua gang di writers sui muri di Newcastle.
Il film ha un ritmo incalzante, le giornate si ripetono in modo ossessivo, ogni giorno ci sono un’infinità di imprevisti che Ricky deve affrontare ma non ha tempo per farlo. Ricky è diventato irritabile anche in famiglia e la coppia inizia ad avere dei problemi. Una sera, dopo aver risposto male alla moglie, è aggressivo con il figlio che non riesce a comprendere: in un eccesso di frustrazione alza anche le mani. La famiglia sta per sgretolarsi schiacciata dai piccoli e grandi problemi.
Gli interpreti di “Sorry, we missed you” sono tutti attori non professionisti che, durante la lavorazione del film, non sapevano come sarebbe andata avanti la vicenda. Ogni episodio era una novità anche per loro perché il regista voleva l’autenticità in ogni dettaglio. L’interprete principale Kris Hitchen è stato preso dal mondo del lavoro dove faceva l’idraulico prima di ottenere la parte di Ricky. Dura e amara è la sceneggiatura, impeccabile risultato dell’ormai consolidato rapporto tra Ken Loach e Paul Laverty.
Con gli ultimi due film – questo e “Io, Daniel Blake” vincitore della Palma a Cannes 2016 – Ken Loach vuole mostrare il nuovo tipo di sfruttamento su cui è basata la cosiddetta gig economy e le conseguenze nella vita privata dei lavoratori. La gig economy è una delle nuove forme di organizzazione dell’economia digitale. Si può spiegare come “economia dei lavoretti” e corrisponde a mestieri che una persona potrebbe svolgere a tempo perso. Il modello va verso un lavoro sempre più parcellizzato, affidato a freelance ma gestito dalle piattaforme con formule di organizzazione che molto spesso sono uguali a quelle del lavoro alle dipendenze.
Con il cinema di Ken Loach si entra nelle vite dei personaggi passando direttamente dalla porta principale, vivendoci insieme e affrontando con loro il senso d’impotenza e la ricerca di un’alternativa. Loach è sempre dalla parte dei marginali, dei disoccupati, delle persone semplici che abbiano comunque subìto dei soprusi. Il suo è un eccellente esempio di cinema militante. Avevo letto da qualche parte che Ken Loach, ormai ottantenne, aveva deciso di smettere di fare film ma quando ha sentito che si discuteva della possibile privatizzazione della polizia, ha voluto riprendere a girare per mostrare le conseguenze delle scelte economiche e politiche attuali. Chissà se nel prossimo mostrerà gli effetti della Brexit?
Così afferma la produttrice del film Rebecca O’Brian: «Se si mettono insieme, i film di Ken costituiscono una sorta di lunga storia delle nostre vite. Mi piace pensare che tra 200 anni, se qualcuno vorrà farsi un’idea della storia sociale della nostra epoca, potrebbe trovare una risposta guardando cinquant’anni di film di Ken Loach e dei suoi sceneggiatori».