STORIA DI UN MATRIMONIO – Film di Noah Baumbach. Con Scarlett Johansson, Adam Driver, Laura Dern, Azhy Robertson, Alan Alda, Ray Liotta, Merritt Wever, Kyle Bornheimer, Julie Hagerty, USA 2019 –
Ho già avuto modo di commentare l’opera di questo regista che può essere considerato un po’ l’erede di Woody Allen, in particolare per i suoi i film “Frances Ha” del 2012, “Giovani si diventa” del 2014 e “Mistress America” del 2015, dei quali è anche sceneggiatore.
“Storia di un matrimonio” è un altro film prodotto da Netflix, quindi di difficile visione al cinema: in tutta Roma, in questi giorni, lo proiettano in un’unica sala. Chissà quanto il famoso film di Bergman “Scene da un matrimonio” del 1973, ha influenzato Baumbach, tanto da inserirne un poster che il protagonista mostra a suo figlio?
Il film esce quarant’anni dopo “Kramer vs Kramer” – diretto da Robert Brenton sullo stesso tema – che aveva riscosso un grande successo vincendo anche l’Oscar nel 1980. Infatti, anche “Storia di un matrimonio”, in perfetto equilibrio tra commedia e dramma, narra le vicende della separazione di una coppia e mostra come si possa finire in una escalation di aggressive rivendicazioni, una volta che i coniugi si mettono in mano ad abili avvocati senza scrupoli.
Il tema della separazione era già stato affrontato dal regista newyorkese in un suo precedente film “The Squid and The Whale” del 2005, ma ritorna quale elemento autobiografico, dopo la sua lunga e sofferta separazione da sua moglie, l’attrice Jennifer Jason Leigh, terminata nel 2013.
Ma vediamo la storia. Charlie Barber (un bravissimo Adam Driver) è un registra teatrale di successo che vive e lavora a New York City, ha una sua compagnia nella quale recita anche sua moglie Nicole (ben interpretata da Scarlett Johansson). Hanno un figlio piccolo che si chiama Henry (Azhy Robertson) e che ancora non sa leggere. Dopo vari anni di matrimonio iniziano ad avere qualche problema di coppia e vanno da un consulente matrimoniale. Il legame fra i due è solido, i problemi però sembrano essere più “esterni”: carriere, ambizioni, amicizie, famiglie, luoghi.
Lei, ricevuta un’offerta per una serie televisiva, lascia la compagnia e si trasferisce con Henry da sua madre (Julie Hagerty) – una ex attrice – e da sua sorella (Merritt Wever) a Los Angeles, dove è nata e cresciuta, proprio mentre la commedia di Charlie ha successo e sta per debuttare a Broadway.
Quando Charlie volerà in California si troverà una richiesta di divorzio scritta dall’avvocatessa Nora Fanshaw (una strepitosa Laura Dern), famigerata e temibile divorzista. Nonostante Charlie e Nicole avessero concordato una separazione pacifica e senza avvocati, la loro diventerà una vera e propria battaglia.
Charlie sperimenta così quanto sia difficile fare il padre a 5.000 km di distanza e si deve dividere tra il suo lavoro (e la sua vita) a New York e le visite al figlio a Los Angeles. Consigliato da un primo avvocato prende in affitto una casa anche lì e viene risucchiato in un gioco malefico di rivendicazioni e di accuse. Per difendersi meglio cambia anche avvocato, licenzia Bert (Alan Alda) e prende Jay (Ray Liotta), uno molto più combattivo e, ovviamente, anche molto più caro.
Proprio come in “Kramer contro Kramer”, ogni piccolo dettaglio della vita di coppia viene travisato e amplificato fino a che gli avvocati arrivano a delineare lei come una figura di madre incapace di rivestire quel ruolo, e lui come una persona inaffidabile che promette cose che non mantiene.
Alla fine lei otterrà che il figlio possa vivere stabilmente a Los Angeles, ma l’affidamento sarà alla pari.
Così dichiara il regista: «Negli Stati Uniti, il processo legale che porta al divorzio è impostato per dividere, necessariamente. Divide persone, famiglia, proprietà e tempo. Offusca il punto di vista dell’altra persona, è, fondamentalmente, egoista. Ma volevo costruire un altro modo di vederlo, un’offerta più generosa. Volevo trovare la storia d’amore anche in tempo di crisi. Il matrimonio, ovviamente, continua anche nel divorzio: sei sposato tutto il tempo che lo fai. E quando è coinvolto un bambino, il matrimonio continua, in un certo senso, anche dopo il divorzio».
Nel film è sottolineata la superficialità della vita californiana – sembra che sia sempre Halloween con tutti in maschera – il cui unico merito è la grande quantità di spazio (e il clima…). Infatti, la contrapposizione tra New York considerata culla della cultura e delle arti, e le città della costa californiana – nella fattispecie Los Angeles – è un tema tipico degli ebrei intellettuali newyorkesi. E non solo dei registi.
Il film in alcuni punti è gestito come una vera e propria opera teatrale, sorretto anche dalla eccezionale bravura dei suoi interpreti. I dialoghi avvengono sempre in spazi chiusi, in cui i corpi degli attori e la loro vicinanza hanno una grande importanza proprio come nelle pièces teatrali. Inoltre, in “Storia di un matrimonio” la recitazione attoriale e lo sguardo del regista si fondano in una perfetta sinergia donando una notevole espressività alle immagini.
Il film è stato presentato al Festival di Venezia ad agosto di quest’anno e al Toronto International Film Festival in settembre, riscuotendo giudizi positivi. La recitazione di Adam Driver in questo film, è stata considerata dal “Time’s magazine” tra le migliori del 2019.