Cortei femministi, con ragazze e ragazzi, indetti da Non Una di Meno contro le prevaricazioni patriarcali (e capitaliste), manifestazioni ambientaliste, seguendo Greta, con contestazioni agli eccessi consumistici, piazze sempre più stipate di “sardine”, che contestano in allegria e senza insulti il lessico di Salvini, e poi il proposito di alcuni di organizzare una manifestazione nazionale di uomini contro la violenza maschile sulle donne.
Ne ha parlato Letizia Paolozzi ( su DeA, www.donnealtri.it) nominando questo diffuso desiderio di “esserci” in modi e con sensibilità tanto diverse, ma forse con una simile ricerca di posture e linguaggi capaci di distinguersi, sia dalla propaganda truce e rancorosa di destra, sia dalle parole vuote o irritanti, strumentali, di tanta parte delle sinistre. Per non dire dei grillini.
E sottraendosi alla reazione fatta di rigurgiti maschilisti, razzismo, omofobia, antisemitismo.
Di violenza maschile si è parlato – forse di più, e forse meglio del solito – intorno al 25 novembre. Ho partecipato a diversi incontri – alcuni istituzionali, indetti per esempio dal Comune di Roma, o dal Ministero dell’economia e delle finanze – altri promossi dalla CGIL, da associazioni femminili, politiche, culturali, in cui è stata messa al centro non solo la figura della donna vittima, ma quella del maschio che agisce la violenza. E uomini sono stati chiamati a discuterne.
Ho ascoltato discorsi molto espliciti, da parte di questi uomini, sulla “gabbia” di una cultura patriarcale messa in crisi ma tuttavia resistente, ancora causa di disagio, aggressività, violenza.
Una faccenda che ci riguarda tutti.
Lo dicono anche i maschi citati all’inizio, che già hanno organizzato un corteo a Piacenza, e che ora propongono una iniziativa più ampia a Milano. Su facebook si trovano un appello e il resoconto di una prima assemblea a Milano lo scorso 22 novembre. Ne cito alcuni passaggi: “il dominio maschile è una gabbia anche per noi maschi. Partiamo dall’autocritica per agire comportamenti in cui non esercitiamo il nostro privilegio”. “…non è la manifestazione degli uomini buoni – è una tappa di un processo lungo, articolato, che si sviluppa sia sul piano della critica ai modelli patriarcali sia su quello della proposta di modelli alternativi”. E ancora: “…ma la parola ‘violenza’ è difficilmente comprensibile a uomini non già sensibilizzati; siccome non picchiano e non stuprano, non si sentono coinvolti, pensano che il problema non li riguardi; non vedono che ci sono tanti gesti, parole e atteggiamenti quotidiani che rimettono le donne “al loro posto” anche senza esercitare abuso. I convinti lo sono già, al polo opposto ci sono quelli che vorrebbero tornare alla tradizione. Dobbiamo trovare un modo per intercettare quelli di mezzo, che si stanno interrogando ma non usano necessariamente la parola violenza…”.
Sono spunti che condivido molto. Aggiungo che anche con gli uomini che si lasciano incantare dal “ritorno alla tradizione” bisognerebbe cercare un dialogo.
Sì, proviamo a farla questa manifestazione. Non sarà il primo tentativo, ma forse il momento è propizio. Non solo per “esserci”, condividere sentimenti e pensieri, testimoniare un punto di vista. Ma anche per allargare e approfondire uno scambio, un discorso di cui molte parole dobbiamo ancora inventare. Magari decidendo insieme un appuntamento che si ripete nel tempo: un modo per metterci alla prova della ricerca aperta di una cultura e un’idea della vita più libere, e libere dalla violenza.
PUBBLICHIAMO QUI DI SEGUITO I TESTI CITATI PER UNA MANIFESTAZIONE NAZIONALE DI UOMINI CONTRO LA VIOLENZA:
APPELLO
La violenza sulle donne ci riguarda!
Appello per una manifestazione nazionale di uomini a Milano
Uomini, abbiamo un problema! Un nostro problema: la violenza sulle donne.
Senza liberazione delle donne, non potremo mai sentirci liberi. Noi rappresentiamo il potere: liberiamocene!
Come genere maschile siamo sempre stati bravi a organizzare guerre, miseria materiale e culturale, distruzione del pianeta. E lo siamo stati ancora di più a opprimere, violentare, uccidere le donne.
Diciamo basta all’usurpazione della loro vita!
Basta con le false coscienze maschili, che predicano bene, ma nel concreto fanno obiezione contro le scelte femminili.
Dalle suffragiste di primo Novecento alle femministe degli anni Settanta, fino alle lotte più recenti, i movimenti politici delle donne nel passato e nel presente ci hanno chiesto e ci chiedono di cambiare. Per questo nel manifestare contro qualsiasi forma di violenza sulle donne, vogliamo metterci in discussione.
Siamo per l’uguaglianza economica e per la totale condivisione nella cura di bambin* e anzian*, che oggi è perlopiù superficiale e saltuaria. Rispettiamo e difendiamo le scelte che le donne fanno sul proprio corpo nel loro essere generatrici della vita.
Abbiamo sempre preteso di gestire noi il potere politico ed economico, come se ci fossimo naturalmente portati: i disastrosi risultati sono sotto i nostri occhi. Per una società migliore, l’unica strada è metterci al loro fianco.
A gennaio, dopo la manifestazione degli uomini a Piacenza il 26 ottobre scorso, anche a Milano saremo in piazza contro la violenza maschile sulle donne. Vorremmo che fosse una manifestazione in cui si evidenzia la presenza degli uomini, senza limitare la presenza delle donne. Vogliamo assumerci tutta la responsabilità di dire basta, in prima persona.
Primi firmatari: Vito Dileo, Alessandro Braga, Ermanno Porro, Stefano Nutini, Corrado Bellore, Alessio Miceli, Daniele Barbieri (Imola), Marco Frigerio, Domenico Matarozzo, Sergio Falcone, Gualtiero Via, Maurizio Acerbo, Manuel P. Maddè, Maurizio Berardini, Alberto Leiss
REPORT DELLA PRIMA ASSEMBLEA A MILANO
Report della prima assemblea (22 novembre, Arci Corvetto Milano)
Partecipanti tutti già impegnati sull’argomento, in modi diversificati: chi agisce in organizzazioni miste tradizionali, chi in un piccolo gruppo di uomini, chi in area antagonismo, chi in associazione che fa attività educative e culturali
La modalità con cui ci siamo parlati: a partire dalle proprie vite ed esperienze concrete
– introduzione di Vito che ha raccontato le sue esperienze (in che modo ha avvertito il privilegio di essere maschio), perché si è mosso con l’appello di una manifestazione e in cui ha proposto alcuni contenuti sul piano della politica istituzionale (congedo parentale obbligatorio, riduzione orario di lavoro per lavoro di cura, educazione sessuale, spingere autonomia economica e pensionistica delle donne).
Contenuti emersi dal dibattito:
– il dominio maschile è una gabbia anche per noi maschi. Partiamo dall’autocritica per agire comportamenti in cui non esercitiamo il nostro privilegio
– c’è una galassia di piccoli gruppi, di azioni sperimentali che attivano percorsi e interventi educativi. Questa galassia è frammentata e poco visibile. La manifestazione può essere l’occasione per incontrarsi, collegarsi, conoscersi, confrontare i percorsi – anche nelle loro diversità – e renderci visibili, cosa che può funzionare come “innesco” per altri. Qualcuno esprime dubbi sulla possibilità di realizzarla a breve.
– l’esercizio della violenza è la punta dell’iceberg di un sistema basato sulla asimmetria di potere…
– …ma la parola ‘violenza’ è difficilmente comprensibile a uomini non già sensibilizzati; siccome non picchiano e non stuprano, non si sentono coinvolti, pensano che il problema non li riguardi; non vedono che ci sono tanti gesti, parole e atteggiamenti quotidiani che rimettono le donne “al loro posto” anche senza esercitare abuso. I convinti lo sono già, al polo opposto ci sono quelli che vorrebbero tornare alla tradizione. Dobbiamo trovare un modo per intercettare quelli di mezzo, che si stanno interrogando ma non usano necessariamente la parola violenza
– no al parlare di “colpa” degli uomini, perché la colpa rimanda a linguaggio giuridico e cattolico, sì a parlare di responsabilità
– siamo in una condizione di dipendenza dalle donne. Dobbiamo sviluppare e proporre un modello positivo di relazione, non di forza e potenza ma di equilibrio all’interno della coppia
– importanza del metterci la faccia in prima persona, parlando delle responsabilità consce e inconsce che abbiamo
– importanza del nominare, raccontare, esplicitare i modelli culturali in cui siamo cresciuti. Inchiesta su territorio cintura esterna milanese: molti ragazzi esercitano il sessismo verso le donne senza accorgersene, mentre si rendono conto di cosa siano il razzismo e l’omofobia rifiutandoli
– dubbio che si possa cambiare la mentalità e il comportamento di chi ha già concluso la propria formazione: c’è chi ha scelto di lavorare con adolescenti
– si è discusso in che modo questo tema, che è fortemente politico, possa entrare nelle organizzazioni miste più o meno strutturate (partiti, sindacati, centri sociali). Chi ne fa parte ha suggerito delle modalità per interessare le organizzazioni. Chi ha espresso dubbi, ha osservato che partiti e sindacati hanno modalità di dibattito che vanificano la possibilità di prendere parola come uomini sulla discriminazione che essi stessi esercitano. Nei centri sociali c’è chi osserva una distanza tra le parole e i fatti, tra la teoria e la pratica. Si decide in ogni caso di provare ad intercettare anche questi ambiti proponendo assemblee lì nelle sedi stesse.
– alla domanda quali sono le organizzazioni coinvolte rispondiamo: tutte quelle che vogliono coinvolgersi, nella prospettiva che gli uomini che ne fanno parte siano disponibili a prendersi la responsabilità di cui sopra e che lo facciano, appunto, “come uomini”
Come si prosegue:
– 13 dicembre data prossima assemblea (luogo e ora da definire)
– nel frattempo, ognuno cerca di attivare i propri contatti per ampliare la partecipazione (reti gruppi uomini), eventualmente anche organizzando riunioni e incontri nei luoghi delle organizzazioni (proposta di Luca e Stefano)
– Francesco propone attività di facilitazione che descriverà al gruppo prima della assemblea
– Per la sede, dobbiamo trovarne una che non sia a pagamento. Tutti i presenti si sono impegnati a cercare una soluzione
Punti discussione prossimo incontro:
Assodato e chiarito che cosa è e che cosa non è la manifestazione:
– non è la manifestazione degli uomini buoni
– è una tappa di un processo lungo, articolato, che si sviluppa sia sul piano della critica ai modelli patriarcali sia su quello della proposta di modelli alternativi
– è una occasione per collegare “orti e orticelli” e per dare visibilità alle molte attività già in essere – e magari stimolarne altre
– è una presa di parola pubblica su “il problema siamo noi”, “assumiamoci le responsabilità”
di cosa discutiamo la prossima volta:
– che tipo di manifestazione vogliamo fare? (ci sono alternative al classico corteo e quali)
– i punti dell’appello vanno esplicitati ed approfonditi
suggerimento di formare uno o più cerchi.
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