Pubblicato sul manifesto il 30 aprile 2019 –
Recentemente ho litigato spesso con procedure burocratiche computerizzate, il cui malfunzionamento (almeno da me percepito) mi ha indotto a diffidare sempre di più nelle magnifiche sorti e progressive indotte dalla rivoluzione digitale (in cui si specchia questo nostro secolo superbo e sciocco…). Forse anche per questo mi tengo lontano dalle molte teorizzazioni sul tema.
Naturalmente sbagliando.
Domenica però alcune frasi lette nell’intervista, sul Sole 24 Ore, che Luca De Biase ha raccolto da Luciano Floridi, mi hanno fatto ben sperare sull’evoluzione di teorie illuminate. Floridi, molto noto e considerato uno dei maggiori pensatori filosofici e scientifici sul mutamento tecnologico, dice a un certo punto – ragionando sulla possibilità di elaborare idee buone e durature basate su ciò che è più importante – che “nell’ecosistema ciò che è importante si trova nella relazione”. E aggiunge: “Il criterio per l’etica dell’intelligenza artificale? La scelta giusta è quella che migliora le relazioni tra le persone: non è quella che fa bene a uno o all’altro, ma quella che fa bene a tutti”.
Può sembrare una banalità, ma potrebbe essere invece una verità e una novità profonda se contenesse una cognizione adeguata di che cosa sono e potrebbero essere le relazioni tra persone oggi, in questo ambiente sempre più saturo di informazione e comunicazione globale.
Floridi ha scritto vari libri, tra cui uno, pubblicato in Italia da Cortina nel 2017, che si intitola La quarta rivoluzione. Come l’infosfera sta trasformando il mondo. La “quarta rivoluzione” sarebbe naturalmente quella delle tecnologie digitali, e il numero d’ordine succede a queste tre precedenti: la rivoluzione copernicana (che ha tolto l’uomo dal centro dell’universo), quella di Darwin (che lo ha apparentato alla scimmia) e quella di Freud (con la scoperta dell’inconscio).
Questa interpretazione delle grandi cesure della modernità – che risale allo stesso Freud – l’ho letta anni fa nel libro di Derrida Spettri di Marx: il filosofo francese le definisce “tre grandi colpi” che nella storia dell’Occidente hanno messo in crisi il “narcisismo dell’uomo”. Derrida aggiunge la sua “quarta rivoluzione”, o “quarto colpo” attribunedoli a Marx, e alla sua invenzione dello “spettro” del comunismo che ancora forse ci accompagna annunciando un’utopia necessaria.
Mi è capitato di pensare a una integrazione: il “narcisismo dell’uomo” andrebbe interpretato un po’ meno universalmente come quello proprio dell’uomo maschio, il maggiore responsabile della creazione delle ideologie dominanti (almeno finora). Un nuovo (e a questo punto, quinto) e più duro “colpo” sarebbe sicuramente da attribuire alla rivoluzione delle donne, al femminismo.
Queste ultime due rivoluzioni non sembrano completamente ignorate da Floridi, che si definisce un ottimista moderato, e sicuramente un democratico. Ma se Marx e le questioni sociali sono presenti nelle sue argomentazioni etiche, politiche e filosofiche, cercheremo invano qualcosa sul mutamento intervenuto nelle relazioni tra i sessi. La parola sessismo ricorre, mi pare, una sola volta. L’unica femminista citata è Virginia Woolf (ma solo per alcuni frasi sul telefono e sulla vita privata).
Ora, è possibile pensare qualcosa di buono e duraturo sulla qualità delle relazioni tra persone rimuovendo qualcosa che ha già cambiato così profondamente le nostre vite, che attraversa ormai tutto il mondo, e che sta anche provocando rabbiose reazioni maschiliste?
Perché questa sordità anche in uomini molto colti e probabilmente bene intenzionati?
La risposta spetta a noi, e mi sembra urgente.