Greta Thunberg, accanto al suo celebre cartello: “Sciopero delle scuole per il clima”
8 Marzo prossimo venturo. Giornata di festa o di lotta? Bé non è che questa giornata possa restare uguale a se stessa: nel tempo nuovo le donne sono cambiate e prendono le distanze dal tempo che fu.
Si contano pure uomini decisi a abbandonare il modello di un sesso che dispone mentre l’altro obbedisce. “Ricostruire la mascolinità” (Chimamanda Ngozi Adichie) significa aprire una breccia nella divisione dei compiti domestici, nell’ingiustizia economica sistema di potere, nella gerarchia e divisione del lavoro, nel “di più” amoroso, indispensabile, invisibile, che appartiene alla “Cura del vivere” (Gruppo del mercoledì nel
supplemento a Leggendaria 89 del settembre 2011): alcuni (
MaschilePlurale) si muovono in questa direzione.
Le società arcaiche avevano chiuso il femminile nel privato? Adesso in tante non rinunciano, non si rassegnano.
Di qui la creazione di luoghi del pensare e del fare che a Roma (Casa internazionale delle donne, Lucha y Siesta) e da altre parti del paese sono minacciati di sfratto.
A via Lucio Sesto 10, Lucha y Siesta, la casa che aiuta donne in difficoltà (ora le ospiti sono 13, sei i bambini) promette di raccontare “un’altra idea di città” (Simona Ammerata) attraversando con una carovana teatri, scuole, spazi di lavoro. Un modo di azione alternativo – Diamo Lucha alla città – come le catene umane o le assemblee permanenti. Un lavoro per reagire contro lo stupido affronto d’istituzioni che vorrebbero buttare a mare anni di lavoro politico: l’incontro tra uso sapiente della città e scambio di esperienze, di culture. Di qui l’annuncio per il 21 marzo di una giornata nazionale dove mettere al centro le vertenze dei luoghi delle donne, per rafforzare il legame sociale.
Questo legame emerge con la riunione al quarto piano del Museo Merulana di
Collettiva (rete di persone e associazioni). Parlano, guidate dalla giornalista Barbara Bonomi Romagnoli, Michela Cicculli, Casa delle donne Lucha y Siesta, Eliana Como, Fiom e direttivo nazionale Cgil, Cristina Leo, portavoce coordinamento trans Lazio, Marina Turi, giornalista freelance.
E’ una riunione in vista “dello sciopero globale dal lavoro produttivo, riproduttivo e di cura convocato dal movimento femminista internazionale NonUnaDiMeno/NUDM, rilanciato dalla rete di collettivi e gruppi femministi italiani di NUDM”.
Se vi interrogate sui modi per praticare uno “sciopero globale transfemminista”, bé, ispiratevi ai suggerimenti (anche se su qualcuno ci sarebbe da discutere) del
Vademecum e ricordate che gli atti simbolici possono incidere sulla realtà. Modificarla.
Dunque, 8 marzo giornata di lotta. Perché, alcuni dati italiani (riportati in un articolo sul “Mattino” da Titti Marrone) ci ricordano che l’occupazione femminile è al 49,7%, -18,3 punti % di quella maschile; l’inattività femminile al 44%, +20 punti % di quella maschile (ISTAT, 2019); il differenziale salariale di genere complessivo al 43,7% (Commissione Europea, 2018). 2 milioni e 472mila sono le donne in povertà assoluta e 4 milioni e 669mila quelle in povertà relativa (ISTAT, 2018).
Perché l’affermazione che le donne sono ”nate per essere madri” sta tornando alla grande. Si terrà a Verona alla fine di marzo il XIII Congresso mondiale delle famiglie che promette, appunto, di “celebrare e difendere la famiglia naturale come sola unità stabile e fondamentale della società”. Avrà (ma sul serio?) il patrocinio istituzionale per il bel consesso di ProVita Onlus, CitizenGo, Comitato Difendiamo i nostri figli, Family Day: antiabortisti, omofobi, dei paesi dell’est (Ungheria, Moldavia, Polonia). Si tratta di dare manforte a una campagna politica, ideologica, moralistica, contro la libertà femminile e contro la dignità di tutti per cui hanno assicurato la loro presenza il ministro degli Interni e quello per la Famiglia e le Disabilità, Fontana. Chissà se il cattolicesimo, non soltanto nella sua versione più progressista, avrà qualcosa da obiettare. Senza dimenticare il decreto Pillon con la sua proposta di genitorialità perfetta, i tempi paritetici per il minore e la balzana teoria dell’alienazione parentale.
E gli attentati alla legge 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza con i medici obiettori nonché le mozioni contro l’aborto presentate in varie città italiane: “L’aborto è la prima causa del femminicidio nel mondo” (il ministro Fontana).
Ora, non credo che oggi le donne considerino l’aborto un gesto di liberazione ma, di fronte al tentativo maschile di riaffermare una gerarchia ispirata all’ordine divino e naturale del mondo, non c’è spazio per discutere su maternità, scienza, politica nelle loro implicazioni rispetto alla decisione che spetta alla donna di avere o non avere un bambino.
Regressione politica e culturale: ci è toccato ascoltare (e menomale che la segreteria regionale ha promesso di allontanarlo) il commento del consigliere leghista di Amelia il quale, alla cantante Emma Marrone che durante un concerto avrebbe gridato “Aprite i porti”, ha risposto in un post: “Faresti bene ad aprire le tue c…facendoti pagare”.
Dal consigliere di Amelia a Trump, Bolsonaro, Orban (citare i maschi di casa nostra sarebbe troppo lungo) questi maschi sperano di mettere indietro le lancette dell’orologio, a prima dell’invenzione della luce elettrica.
Dunque, l’8 Marzo sarà “uno sciopero mai visto” dal momento che “se si fermano le donne si ferma il mondo”. Un mondo da cambiare perché saturo di quella violenza che, nel sistema sociale eterosessuale, si accanisce sul corpo delle donne e degli lgbt.
Tuttavia, la violenza l’avverti non solo nell’atto aggressivo di chi – maschio – prometteva di non alzare più le mani e poi ricominciava, quasi avesse avuto una ricaduta d’influenza, ma nella rapina dell’ambiente, nello sfruttamento di chi sta in basso, nella crudeltà verso chi viene dal mare. Ed è impossibile voltarsi dall’altra parte, distrarsi dall’attuale ordine delle cose.
Esistono contiguità, assonanze, “nessi” tra violenza sessuale e capitalismo oppure neoliberismo (o neoliberalismo) ma anche distinzioni che vanno nominate per non fare di tutt’erba un fascio, affidandosi a una “e” tra sistema patriarcale e capitalista.
Infine, bisogna evitare, puntando tutto sulla violenza, di ridurre nuovamente le donne allo statuto di vittime. Proprio ora che una ragazza di sedici anni, Greta Thunberg, trecce bionde, faccia rotonda, rivolgendosi ai leader mondiali riuniti al vertice delle Nazioni Unite che si è tenuto a Katowice, in Polonia, ha detto: “Non siete abbastanza maturi da dire le cose come stanno. Lasciate persino questo fardello a noi bambini. […] La biosfera è sacrificata perché alcuni possano vivere in maniera lussuosa. La sofferenza di molte persone paga il lusso di pochi. Se è impossibile trovare soluzioni all’interno di questo sistema, allora dobbiamo cambiare sistema”. Il 20 agosto 2018 si era seduta davanti al parlamento svedese con un cartello “sciopero scolastico per il clima”. Così, da sola, ha dato il via a un movimento mondiale di ragazzi e ragazze contro i cambiamenti climatici.
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