“Le donne hanno vinto, il femminismo è battuto”: il titolo è a effetto, come spesso accade su Il Giornale, ma l’articolo ha poco a che vedere con la solerzia del titolista. Che cosa scrive infatti Annamaria Bernardini De Pace il 15 gennaio? Che è una vera rivoluzione il fatto che negli Usa le donne diventino maggioranza della forza lavoro; che la stessa cosa sta per avvenire in molti paesi d’Europa e che anche in Italia non stiamo troppo male e che, quindi, “è antistorico e pedante ammanire ancora, da parte di parecchie donne, la manfrina dolciastra del chiedere aiuto a tutti, lamentando una discriminazione che non esiste più”.
Ammesso (e non concesso) che la situazione femminile sia così trionfale, perché mai il femminismo sarebbe “battuto”? Se mai il contrario, tanto più che la stessa Bernardini De Pace fa riferimento al pensiero della differenza sessuale, alla distinzione tra parità e uguaglianza, si augura il matriarcato e cita la filosofa femminista Luisa Muraro.
Ma il quotidiano di Feltri non può rinunciare alla polemica con tutto ciò che odora di sinistra e rilancia il dibattito sulla fine del femminismo, mettendo in contrapposizione voci che tanto discordanti non sono.
Come Anselma Dell’Olio e Ritanna Armeni che si augurano entrambe battaglie all’insegna della concretezza (16 gennaio) o come Camilla Baresani e Tiziana Maiolo (17 gennaio) che auspicano maggiore autostima e denunciano la mancanza di solidarietà tra le donne. Nonostante l’impegno di chi le intervista, nessuna, però, sputa sul femminismo.
Sta di fatto che nelle redazioni circolino strane idee in proposito. Per esempio quelle di Silvia Truzzi che recensisce su Il Fatto Quotidiano (17 gennaio) il libro fotografico “Avedon Fashion 1944-2000”. Dopo aver rimpianto il fascino “arcano” delle signore Anni Cinquanta e Sessanta che vi sono ritratte, da Audrey Hepburn a Jackie Kennedy, confrontato con l’omologazione e “l’androginazione” delle bellezze di oggi, scrive: “anche le femministe a un certo punto ci sono arrivate: diritto alla differenza”. Ci sono arrivate? Ma se è da lì che il femminismo contemporaneo è cominciato…
Per lo scrittore inglese Martin Amis invece il femminismo è stato sconfitto. Perché? Non avrebbe saputo compiere la rivoluzione sessuale, ci dice Antonio Monda su Repubblica (18 gennaio) anticipando la tesi del nuovo libro di Amis in uscita in Inghilterra: “The Pregnant Widow” (la vedova incinta). Il titolo prende spunto da una battuta di Alexander Herzen: “la rivoluzione, nel momento in cui uccide un regime, senza darne vita a uno nuovo, genera una vedova incinta”.