“La sinistra difende solo le sue donne” : così Il Giornale (12 ottobre) titola l’intervento della ministra Giorgia Meloni che spiega perché lei “alla guerra delle donne” non vuole partecipare. E’ sì “dispiaciuta” della battuta insultante (“poco elegante”, dice) di Berlusconi verso Rosi Bindi, ma non intende esprimere solidarietà alla vice presidente della Camera perché è “a senso unico”, visto che le donne di sinistra non si sono mai indignate “per le volgarità e il violento disprezzo” di cui sono oggetto le donne della destra. (E, in effetti, basterebbe ricordare come la definì, senza che nessuna protestasse, Giorgio Bocca: “gallinella del potere”).
Il secondo motivo per cui Meloni non si schiera con Bindi è molto più debole: preferisce solidarizzare con il capo del governo perché “è stato liberamente eletto dal popolo italiano”. Sta di fatto che anche lei pratica la solidarietà a senso unico. Peccato: un’occasione persa di dimostrarsi migliore di molte, non tutte per fortuna, donne di sinistra che hanno applaudito la performance anti-Carfagna di Sabina Guzzanti a piazza Navona e hanno continuato a compiacersi di ogni trucido riferimento alla vita sessuale delle ministre Pdl. Le quali oggi tacciono sugli insulti del premier, tranne Brambilla che taglia corto: “Non credo alla solidarietà di genere” (Corriere della sera, 9 ottobre).
In compenso scrivono Maria Giovanna Maglie su Libero (11 ottobre) e Annamaria Bernardini de Pace sempre su Il Giornale (11 ottobre). La prima pensa bene di definire Bindi “Erinni impazzita” e le proteste in sua difesa “rigurgito femminista”; la seconda polemizza con Concita de Gregorio che dall’Unità ha chiamato a raccolta “le algide e segaligne signore radical chic per far dichiarare loro a gran voce che non sono a disposizione del maschio retrivo. Ma chi le vuole?”. Quest’ ultimo concetto è espresso squisitamente da Vittorio Sgarbi, sempre su Il Giornale (12 ottobre), che si rammarica del fatto che Berlusconi, preso alla sprovvista da Bindi (“non sono una donna a sua disposizione”), non abbia replicato: “Per fortuna!”.
L’antologia potrebbe continuare, ma è opportuno soffermarsi sulla strumentalità di molti appelli solidali con Rosi Bindi. Gadget, magliette e su Repubblica la raccolta di firme e foto con dedica “in difesa della dignità delle donne”. E poiché le firme sono arrivate a quota ottantamila, c’è da chiedersi se siano così poche le donne che vogliono difendere la dignità del loro sesso o se la dignità delle donne più che difesa non vada riconosciuta e resa visibile ogni giorno. E non solo per far dispiacere a Berlusconi.