Pubblicato sul manifesto il 14 agosto 2018 –
Bisogna restaurare le famiglie rigidamente composte da mamme e papà, senza alcuna deroga, ma non basta. C’è sempre il rischio che ragazzi e ragazze non imparino la “buona educazione”. (Ma non eravamo ormai quasi tutti contro il “politicamente corretto” ecc.? Evidentemente solo ai ministri dell’Interno sono concesse volgarità, faziosità, comportamenti maleducati…). Ma se non bastano le buone famiglie come Natura e Dio comandano per mettere in riga i giovani ci vorrà un bel servizio militare obbligatorio (anche se un po’ più smilzo di una volta: 6 mesi e su base regionale – comunque vicino a mamma e papà! – al posto di 12, preferibilmente all’altro capo del paese).
Pietro Grasso, di Leu, invita a non raccogliere più le “provocazioni” di Salvini, a meno che non presenti “disegni di legge”.
Capisco, ma non sono d’accordo.
Siamo ormai nel pieno di una battaglia simbolica sul senso delle cose fondamentali in cui crediamo e che facciamo, e alle idee che riteniamo sbagliate penso si debba rispondere con idee secondo noi giuste e il più possibile convincenti. La faccenda del ritorno di obblighi di leva, più o meno diversamente connotati, non riguarda solo Salvini, ma se ne parla anche nella Francia di Macron e nella Germania della Merkel.
Negli anni scorsi ho provato alcune volte a proporre una discussione sul punto con amici e amiche di sinistra, ma con quasi nessun risultato. Credo sia un errore perché c’è un non-detto importante dietro il riemergere di questi discorsi. La vecchia leva obbligatoria riguardava i soli maschi, e sono abbastanza convinto che anche oggi, quando si denuncia la “cattiva educazione” dei giovani, si pensi più o meno consapevolmente agli episodi di bullismo e violenze varie che riguardano quasi esclusivamente i comportamenti di uno solo dei sessi. Per non arrivare alle forme più tragiche di violenza, criminalità e mafie, terrorismo e guerre: anche qui la preponderanza maschile continua a dominare (non per caso le eccezioni “fanno notizia”). Anche un filosofo “comunista”, che la pensa all’opposto dei destri sovranisti d’oggi, come Alain Badiou, ha osservato che la scomparsa del servizio militare obbligatorio per i giovani maschi, quale importante “rito di passaggio” per la formazione del carattere, può contribuire alle esplosioni di disagio e di violenza “non disciplinata” dei singoli e dei gruppi.
A me era venuta l’idea di un “servizio nazionale e europeo di cura”, che fosse obbligatorio per i ragazzi e facoltativo per le donne (le quali da sempre e anche oggi già dedicano molti mesi e anni delle loro vite alla cura della riproduzione: non sarebbe finalmente l’ora di un riconoscimento maschile – non viziato da logiche di potere – di questo debito rimosso?), un servizio rivolto però non alla cultura delle caserme, ma all’impegno per l’integrazione culturale e sociale, degli stranieri e di tutti, al recupero delle aree urbane e extraurbane degradate, alle tante cose utili, e anche belle, che sono necessarie alla convivenza, e che già in parte vengono affrontate col servizio civile volontario (sempre precariamente finanziato), o con l’impegno lodevole ma privatizzato delle Ong.
Ci vorrebbe una sorta di “patto” tra i sessi e tra le generazioni. Il “servizio di cura” potrebbe essere collegato a un “reddito di autodeterminazione” – una proposta delle donne di Non una di meno – finalizzato allo studio, alla formazione e alla scelta di impieghi possibilmente stabili e non del tutto alienanti.
Andrebbe poi anche affrontato – ma lo spazio è finito – il problema della guerra tutta nelle mani di “professionisti” e di agenzie private.