Pubblicato sul manifesto il 13 marzo 2018 –
Le parole nutrire e nutrimento pare derivino da una radice Na-Nu che significa colare, stillare, cosa immediatamente in relazione col latte che viene dal seno materno. Questo era infatti il primo significato del verbo latino. Qualcosa di indispensabile alla vita e alla crescita, che si carica di un contenuto non solo materiale, ma anche affettivo, spirituale, culturale.
A questo intreccio di senso non ci si può sottrarre se si capita nel Biscottificio Dogliani, in quel di Carrara, una fabbrica dove la passione della imprenditrice che la gestisce e anima, Margherita Dogliani, ha creato un legame forte e immediato tra la cura con cui vengono preparati una quantità di dolci squisiti (non solo biscotti, per quanto deliziosi), e la cura con cui negli stessi ambienti di lavoro, da molti anni si organizzano incontri, spettacoli, discussioni centrate sulle relazioni tra donne e tra donne e uomini.
Sono stato invitato sabato scorso a uno di questi incontri (grazie a Margherita e a Anna Annunziata, storica dirigente del vecchio Pci e di molto altro che è seguito, si discuteva con Livia Turco e Letizia Paolozzi il libro “C’era una volta la Carta delle donne”) e ho provato una emozione intensa ritrovando la stessa – anche se sempre diversa – vitalità che avevo conosciuto un bel po’ di anni fa (allora il tramite era stata un’altra amica, Gianna Mazzini).
Dunque la discussione è avvenuta in un ambiente di lavoro, in un ampio spazio tra i macchinari e i dolci profumi dei particolari prodotti a cui attende una manodopera quasi del tutto femminile. Come in maggioranza donne erano le molte persone convenute. Altro buon nutrimento a pranzo, prima dell’incontro pubblico, dove di fronte a una buonissima ribollita, Margherita ci raccontava della fase non semplice vissuta in questi anni di crisi molto forte. Eppure – a costo di non pagarsi lei, e i suoi fratelli, gli stipendi dovuti – nessuno della ventina di persone che lavorano nel Biscottificio è stata licenziata, “né mai sono mancati gli stipendi, con tredicesime e quattordicesime”. E nemmeno è mai venuto meno l’impegno a organizzare ogni anno, nello spazio esterno del recinto aperto della fabbrica, la rassegna intitolata “Donna anima e corpo”, giunta l’estate scorsa alla XIII edizione col tema “Stare al mondo”: un mese di appuntamenti con uomini e donne che fanno teatro e musica, producono film, riflettono con competenze psicologiche, storiche, politiche ecc.
La particolarità di questo impegno (che si ripeterà anche quest’anno) è che non si tratta di una cosa bella accostata al mondo a parte della produzione, ma della proiezione di un modo diverso di intendere l’organizzazione del lavoro e la qualità delle relazioni tra chi produce i dolci, ma costruisce anche un’idea originale del senso di questi prodotti e del rapporto con quanto avviene fuori dalla fabbrica.
In una intervista che si può vedere su Youtube Margherita racconta di come all’inizio del suo lavoro di imprenditrice soffrisse per un modo di stare in fabbrica, tra donne, che era “pensato da uomini”, e dice che inventarsi una attività culturale legata al Biscottificio le sembrava uno dei modi per rendere più “felice” quel luogo e le persone che ci mettono tanta parte delle proprie vite. Certo, soggiunge, “felicità è una parola grossa, ma è fatta anche di cose piccole. Non c’è un tempo di lavoro e un tempo di vita. Anche il lavoro è vita, e la vita dovrebbe essere felice”.
Non è una cosa da raccontare di questi tempi?
Auguri a lei, a Simonetta, a tutte e tutti del Biscottificio Dogliani.