“In questi giorni abbiamo sentito argomentazioni di due secoli fa, magari proposte da uomini civili e progressisti”: lo scrive Maria Laura Rodotà (Corriere della sera, 3 maggio), ma lo pensano in molte. E’ ciò che colpisce di più del pubblico scontro con divorzio tra Veronica e Silvio. I commenti. A casa, al lavoro, tra gli amici. Non parlo solo degli ammiccamenti da spogliatoio maschile, ma del senso comune di molte donne e uomini.
Ben riassunti (e, pare, condivisi) da Maria Giovanna Maglie: il premier va lasciato lavorare, non va “scocciato” da una “First Lady in sonno” che si sveglia solo per danneggiare il marito, cioè il governo (Il Giornale, 4 maggio). Ma non c’è esultanza neanche tra chi crede che sia cosa buona e giusta “scocciare” il Presidente del Consiglio. Amarezza piuttosto, sullo stato della relazione tra i sessi.
Come quella di Natalia Aspesi, d’accordo con Veronica sul “ciarpame senza pudore”: “non si era mai visto un simile arretramento delle donne da una presunta parità al ritorno dell’unica affermazione possibile della femminilità, quella delle favorite di corte” (La Repubblica, 30 aprile). Ma, diciamolo, questa volta la solidarietà con Veronica non è incondizionata neanche a sinistra. Troppo duro l’attacco, troppo infamante, troppo tardivo. “Non ha avuto stile, la signora Lario”, scrive Peppino Caldarola su Il Riformista (5 maggio). Sullo stile di lui si sorvola. Pochi osservano che l’insulto più pesante è quel “è stata sobillata” che dice Berlusconi della moglie (Corriere della sera, 4 maggio). La “velina ingrata” (Libero, 30 aprile) non può che essere eterodiretta. Non c’è da stupirsi che lei si senta un “soldatino assediato dagli eserciti” (Corriere della sera, 5 maggio).
Ida Dominijanni non vuole intaccare quel “margine di insondabilità” che c’è nei patti matrimoniali. Vuole invece prendere sul serio “l’importanza cruciale, niente affatto accessoria, che la sfera della sessualità e del rapporto tra i sessi ha avuto nella costruzione del consenso di Silvio Berlusconi”. E cioè la sua capacità, prima con le tv e poi con la video politica, di lucrare “sulla crescita del protagonismo femminile, cambiandone il segno, e riabilitando un immaginario sessuale maschile destabilizzato dal femminismo e dal cambiamento del rapporto fra i sessi” (Il Manifesto, 30 aprile).
Sta di fatto che molte giovani donne hanno preferito la “riduzione” (come scrive la stessa Dominijanni) della “libertà guadagnata dalle donne nei decenni precedenti a libertà di mostrarsi in tv e di offrirsi come gadget al circuito del potere”.