“No so se mi candiderò alla segreteria del PD al prossimo congresso, ma non lo escludo”. Chi l’ha detto? Enrico Letta o Pierluigi Bersani? Gianni Cuperlo, Sergio Chiamparino, Nicola Zingaretti? Nessuno di loro. Nessuno di loro infatti si è mai candidato esplicitamente a sostituire l’attuale segretario, anche se i loro nomi circolano su tutti i giornali (vedi l’ultimo Panorama). La frase di cui sopra è di Anna Finocchiaro, presidente dei senatori del PD, nel corso di un’intervista a Radio Tre.
A farle la domanda una giornalista, Ritanna Armeni, notoriamente appassionata di donne e politica. Uno scambio di battute quasi rituale, quindi. Eppure, apriti cielo. “La sfida della Finocchiaro agita il PD”, titola Repubblica (28 novembre). E ne dà le prove. Per Livia Turco infatti non può essere stato che un lapsus quello della collega: perché “prima viene la ditta, il partito”. Beppe Fioroni ironizza acido: “anch’io vorrei sostituirmi a Putin”. Inesorabile la sentenza di Marina Sereni: “Domanda e risposta fuori luogo”.
Ancora più duro Peppino Caldarola su Il Riformista (28 novembre): “Politicamente sarebbe un disastro, ma esteticamente una sinistra capeggiata da Vladimir Luxuria e Anna Finocchiaro si farebbe notare”. C’è da chiedersi, qualunque sia il giudizio politico su Finocchiaro, come mai tanta acrimonia?
Misoginia di sinistra (sia femminile che maschile)?
Ne è convinta Paola Concia che sul suo blog (paolaconcia.it) nota che nel PD “ogni giorno c’è il totosegretario”, ma i candidati sono tutti uomini. Per una volta che è una donna ad azzardare l’ipotesi “è scoppiato il finimondo”. E’ vero che nelle primarie stravinte da Walter Veltroni solo Rosy Bindi tra le donne osò sfidarlo. Nessuna delle altre, che pure avevano seguito nel nascente PD, Finocchiaro in testa, si arrischiò a candidarsi. Disciplina, subalternità, quieto vivere, fuga dalla competizione, scarsa fiducia in se stesse: il campionario delle ragioni è ampio e variegato.
C’è da chiedersi però se un’occasione perduta una volta sia perduta per sempre. Finocchiaro non prende voti, scrive Caldarola, lo ha dimostrato in Sicilia. Vero. Ma, “quanto alle sconfitte vorrei proprio conoscere qualcuno che nella sinistra in questi anni non ne abbia avute”, scrive Armeni su Il Riformista (29 novembre) in polemica con Caldarola. Difficile darle torto.
Tanto più che tra i possibili sfidanti di Veltroni finora nominati sulla stampa pochi appaiono come portatori di travolgenti consensi popolari. Per loro però nessun gratuito sarcasmo.