“Gli uomini fanno confusione e poi arrivano le donne a mettere ordine”. Verità semplice e scandalosa della quotidianità domestica, questa volta applicata alla crisi finanziaria internazionale. Così infatti il Corriere della sera (15 ottobre) commenta la scelta del governo islandese di affidare a due donne la ricostruzione del sistema finanziario messo in ginocchio dal crollo delle banche. Toccherà a Elìn Sigfùsdòttir e a Birna Einarsdòttir, manager rispettivamente della New Landsbanki e New Glitnir, le due banche fallite e nazionalizzate, “cambiare innanzitutto la cultura rischiosa dei bonus e delle stock option”, così diffusa negli ultimi anni tra i “giovani banchieri spregiudicati”.
La citazione si adatta benissimo anche al caso di Anna Prouse, giovane milanese che è a capo della Task force per la ricostruzione del Governatorato di Dhi-Qar, nel Sud dell’Iraq, e cioè Nassirya. Ricostruzione, appunto. Che per lei vuol dire, leggiamo su Il Giornale (15 ottobre), infrastrutture, imprese, acqua, elettricità, ma soprattutto lavoro sulle menti. “E’ più facile costruire strade, scuole e ospedali –dice Prouse- che restituire fiducia, competenza e professionalità. Invece di portare all’estero pochi eletti per corsi di formazione, facciamo training alle masse”. E così insegna a fare le mozzarelle, usare i trattori, commercializzare i datteri e, anche alle bambine, usare il computer.
Anche Gayle Williams, trentaquattrenne inglese, si occupava di ricostruzione in Afghanistan. Curava i malati e aiutava i disabili come cooperante di “Serve Afghanistan”. E’ stata uccisa a Kabul perché cristiana (Il Riformista, 21 ottobre), come dice la rivendicazione talebana, ma anche perché straniera, perché donna. Ma non avremmo saputo niente di lei se non fosse stata ammazzata a colpi di pistola nel centro di Kabul.
Spigolando i giornali alla ricerca di segnali femminili, si scoprono notizie e donne fuori dagli stereotipi. Anche nel passato. E’ La Stampa (18 ottobre), ad esempio, a raccontarci il talento creativo di Anna Magdalena Wilke, seconda moglie di Johann Sebastian Bach. Grazie al lavoro di un direttore d’orchestra-detective che ha analizzato con la tecnica dell’analisi forense gli spartiti del compositore, scopriamo, due secoli e mezzo dopo, che Anna non era una semplice copista della musica del marito, ma anche autrice di molti brani a lui attribuiti. Oltre che madre di undici figli.
Non se ne stupisce Massimo Gramellini che, sempre su La Stampa, scrive: “Se i biografi di Bach volessero davvero sorprendermi, dovrebbero scoprire che lui ogni tanto le preparava da mangiare”.