Pubblicato sul manifesto il 20 dicembre 2016 –
Sono stato invitato a Napoli da un coordinamento di “donne nella scienza” che organizza anche un incontro annuale sul tema della violenza maschile. Un seminario di un pomeriggio si è svolto nell’enorme complesso universitario sulla collina di Monte S. Angelo a Fuorigrotta, all’Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN).
Per dire qualcosa di me, mi è venuto in mente che molti anni fa, a Genova, con compagni e amici dell’Istituto Gramsci, facevamo un rivista di riflessione e inchiesta politica intitolata Entropia. Erano pochi, anche tra noi, a comprendere fino in fondo il perché di quel titolo oscuro. Del secondo principio della termodinamica mi è rimasto impresso che abbia a che fare con l’irreversibilità di certi mutamenti di stato dei corpi e dell’energia.
Succede qualcosa di simile per i movimenti e i cambiamenti nella politica e nelle relazioni umane?
Il tema proposto era stato formulato così: “Storie di resistenza alle disuguaglianze di genere”. Con me sono intervenuti una psicoterapeuta, Amalia Rodontini, che ha parlato del conflitto nelle coppie eterosessuali, e Antonello Sannino, dell’Arcigay, sulle discriminazioni di genere. A me toccava la parte di un “maschio normalmente definito” – come ha detto spiritosamente la professoressa Iaia Masullo, al cui invito ho risposto – il quale in un certo senso “resiste” all’omologazione socialmente e culturalmente indotta ai modelli dominanti di maschilità.
Non so se sono stato all’altezza di un compito così insidioso. Parlerò quindi d’altro: mi ha colpito un’immagine nel racconto di Antonello Sannino, attivo non solo nell’Arcigay, ma anche, come responsabile dei “giovani” (lui è un quarantenne), nell’Anpi. Il presidente della locale associazione dei partigiani italiani, il novantenne Antonio Amoretti, uno degli “scugnizzi” che nelle “4 giornate” scacciarono i tedeschi dalla città, ha fatto il “testimone di nozze” per lui nell’unione civile che, grazie alla nuova legge, ha potuto celebrare con il suo compagno.
In questa immagine ho trovato condensato quanto di meglio si possa vedere di un paese che a volte ci sembra in preda a un delirio autodistruttivo. Una bella storia che sopravvive, che non ha paura dei cambiamenti, che scommette sulle relazioni tra persone differenti e di diverse generazioni, che riconosce in un atto sostenuto dal governo, sia pure paladino del Sì, un “passo fondamentale, paragonabile alle leggi sul divorzio e sull’aborto”, come ha detto lo stesso Antonello Sannino a proposito della legge sulle unioni civili.
Sannino ha anche parlato del persistere in Italia di gravi atteggiamenti omofobi, e anche al fondo “sessuofobi”, ma si è detto certo (“se l’attenzione resta alta”) che i percorsi di libertà aperti negli ultimi decenni sono “irreversibili”.
E’ qui che mi è venuto in mente il concetto di entropia. C’è un cambiare positivo delle cose e della ricerca libera del proprio stare al mondo dietro al quale io vedo – come dimostrava anche la genesi del nostro breve incontro napoletano – la spinta del movimento delle donne e del femminismo.
C’è – come spesso viene paventato – il rischio di un ritorno indietro? Di una restaurazione fascistoide e maschilista?
Forse sì. Ma ciò che la rivoluzione femminile ha prodotto nell’idea e nell’esperienza stessa della libertà è avvenuto una volta per tutte. E per tutti. Come altri grandi salti simbolici nella storia (dal superamento dello schiavismo alla rivoluzione copernicana, all’analisi delle lotte di classe, alla scoperta dell’inconscio…). Sta a ognuno di noi trarne consapevolezza e forza.