Pubblicato sul manifesto il 22 dicembre 2015 –
E’ quasi Natale, e immagino che bisognerebbe essere capaci di evocare buoni sentimenti. A prescindere dalle proprie convinzioni religiose. Tra l’altro ho letto da qualche parte che quest’anno il “nostro” Natale di Gesù coincide con quello di un certo Maometto…
Mi sono anche improvvisamente e sorprendentemente rispecchiato, rivedendo (con gusto) in tv vecchi episodi di Sex and the City, negli assilli della irresistibile Carrie (Sara Jessika Parker) alle prese con la sua rubrica fissa sulle complessità dell’amore metropolitano alla fine del millennio.
Ma ho trovato un po’ di ispirazione nell’ Amaca che Michele Serra ha dedicato domenica su Repubblica alle celebrazioni televisive di Renzo Arbore, intepretandolo prima di tutto come persona realmente e profondamente allegra.
Sono d’accordo: bisognerebbe essere molto più attenti a riconoscere il dono dell’allegria nei non frequenti casi in cui la avviciniamo, e riuscire a impararne il segreto, per farne la “costante imperterrita”, come dice Serra, contro la “severità della vita”.
Certo non è facile se siamo anche sensibili al male e al dolore che ci circonda. Ma può esistere un modo di non rimuovere l’allegria necessaria, pur soffrendo e nutrendo reazioni di rabbia o compassione?
Una quasi-risposta mi è venuta in mente ora che – realizzando sperimentalmente un desiderio covato da decenni – mi sono rimesso a studiare un po’ la musica. Il primo tempo della molto eseguita sonata per pianoforte di Mozart K 310, in la minore, è un allegro maestoso. E’ una delle sue composizioni più drammatiche e più belle. E naturalmente è vero che la parola allegro all’inizio di uno spartito si riferisce essenzialmente alla velocità del tempo. La musica può comunicare, anche se a ritmo serrato, la più cupa disperazione. Tuttavia qualcosa del significato sentimentale del termine
sopravvive. E in questa sonata – che secondo certi biografi potrebbe esprimere il dolore del compositore per l’improvvisa morte della madre – lo avverto nella dirompente, rigorosa energia con cui il discorso musicale è condotto, come d’un fiato, fino alla conclusione del pezzo.
E’ probabile che anche Mozart – come ce lo ha raccontato Milos Forman in Amadeus – fosse una persona allegra. Amava sicuramente la bellezza e la gioia. Ma non era certo un uomo superficiale. Nutriva, con la musica, le migliori passioni politiche e intellettuali del suo tempo.
Insomma, anche una battaglia severa, un conflitto durissimo, possono essere combattuti animati da una energia positiva che ha qualcosa a che fare con l’allegria. Anzi, forse questa è proprio la condizione che ci aiuta a concludere qualcosa di buono.
Inutile aggiungere che a tali poco sarajessicaparkeriane riflessioni mi induce anche l’ osservazione di quanto sentimenti assai poco allegri e tantomeno maestosi continuino a riprodursi dalla parti della sinistra.
L’ultima sorpresa sono state le dichiarazioni – lette su questo giornale – di Sergio Cofferati e di Marco Revelli, concordi nel sottolineare che i problemi a sinistra si risolveranno passando la mano “ai ragazzi”. Certo è sempre vero, in ogni tempo e luogo, che bisogna fare “largo ai giovani”. Ma questa non era proprio la principale ricetta dell’esecrabile Renzi?
Per fortuna stamattina presto ho ricevuto da una cara amica un messaggio che mi è suonato allegro : “Remontada, olè!”. Già, in Spagna qualcosa si muove, forse anche perché si tengono a bada le passioni troppo tristi.
In ogni caso, sinceri auguri a tutti. A Sergio, Marco e Matteo. E anche agli amici seguaci – spero con buon umore – del Profeta Maometto.