Pubblicato sul manifesto l’8/12/2015
È il giubileo dei paradossi il Giubileo della Misericordia voluto da papa Bergoglio che si inaugura oggi con l’apertura della Porta Santa a Roma. Il primo paradosso è che in verità è già stato inaugurato due settimane fa, il 29 novembre a Bangui, quando papa Francesco ha aperto la porta della cattedrale della capitale della Repubblica Centroafricana. Un atto che i media hanno doverosamente seguito, ma senza l’eccitazione contagiosa che accompagna di solito le azioni del Papa.
Troppo distante, troppo scomodo, troppo poco sgargiante. Troppo fuori dalla logica cinica che regola i rapporti tra media e Vaticano, monarchia regnante che con i suoi riti spettacolari attira l’attenzione e alza le vendite, al pari dei reali inglesi o altre celebrità. Quindi venerata anche dai più agnostici tra i giornalisti, ma solo se corrisponde alle attese.
Il secondo paradosso è in quel titolo che si rincorre tra i giornali, o piuttosto viene nascosto tra le pagine. Questo giubileo è già un flop. E perché è un flop? Perché le prenotazioni diminuiscono, sono già al 50% in meno rispetto all’anno scorso, dicono gli albergatori, a causa degli attentati di Parigi. Ma è questo il metro di misura per valutare l’evento che vuole aprire i cuori al perdono e alla compassione? Perché dimenticare che papa Francesco ha voluto aprire il giubileo in Africa, ma sconsiglia un inutile e costoso viaggio a Roma, e numerosi eventi e aperture di porte sono previsti in tutto il mondo? È come se fosse in corsa una specie di contesa tra papa Francesco e i media.
Riuscirà il Papa a far arrivare a tutti l’idea base della sua scelta, che punta all’esperienza tutta interiore anche se vissuta in comunità? O vincerà la logica dei media, che privilegia l’eventone, i grandi numeri, l’eccezionalità irripetibile, quello che non si era mai visto prima in una rincorsa senza fine?
Papa Francesco ha una forza comunicativa speciale, del tutto estranea al luogo comune, mediatico e non solo. È il suo orizzonte simbolico a essere divergente dalla mentalità corrente.
Semplice e chiaro nel linguaggio, diretto nello sguardo come nel muoversi, nel toccare senza paura chi gli sta vicino. La misericordia diventa nelle sue parole un’azione comprensibile, che si sottrae alla magnificenza e alle pompa che con tutta evidenza non ama, e a cui tutti vorrebbero ricondurlo. La misericordia a cui vorrebbe portare il gregge umano, credente e non, non è certo la misericordia dei regnanti e dei potenti. Che condonano pene, debiti, azioni negative (i peccati) proprio perché ne hanno il potere, di cui la magnanimità è un attributo non secondario. La misericordia a cui invita papa Francesco è quella degli umani che si riconoscono umani come tutti, è una pratica della fragilità e del limite. Lo dice lui stesso: «Il mondo di oggi ha bisogno di misericordia, ha bisogno di compassione, ovvero di patire con». Ma sarà sufficiente, la sua forza, a rompere le abitudini e gli schemi che i media perpetuano?
Il terzo paradosso è il più complesso, quello contro cui lo stesso Bergoglio potrebbe trovarsi in difficoltà . Perché il terzo paradosso è la sicurezza. Il Papa non impedisce che Piazza San Pietro venga recintata, che chi entra venga sottoposto a un accurato controllo, che siano mobilitati 2000 agenti, che l’intero spazio di Roma sia no-fly. Non può neppure impedire che in nome della sicurezza ci sia una stretta di vite sui clandestini che vivono a Roma, che tutti i posti di blocco e le sorveglianze in atto nei luoghi pubblici abbiano un unico copione: la richiesta di documenti a chi ha un aspetto sospetto.
Certo papa Francesco non può chiedere ai fedeli che vogliono recarsi a San Pietro il coraggio di cui dà l’esempio. Né intende metterne a rischio la vita, lui che per primo ha parlato di una strana terza guerra mondiale a pezzetti in corso nel mondo. In molti hanno chiesto che il Giubileo venisse sospeso, dopo gli attentati di Parigi, un invito che il Vaticano ha respinto subito. Così il Papa che dopo avere aperto la porta santa di Bangui, si è mosso lungo il pericolosissimo quinto chilometro, portando sulla papamobile l’Iman, ed entrando nella Moschea a piedi scalzi, mostra che la misericordia ha molti aspetti.
Se non tutti verranno a Roma, pazienza, non interessa la kermesse. A lui interessa che si aprano i cuori, quelli che la paura vuole chiudere.