Pubblicato sul manifesto l’8 marzo 2015 –
Dalla Turchia ci sono arrivate le immagini di uomini che hanno manifestato nelle strade (e poi hanno diffuso selfie sui social) indossando gonne per reagire all’uccisione di una giovane donna, Ozgecan Aslan, dopo che aveva resistito a un tentativo di stupro. Dopo pochi giorni sono giunte dall’Afghanistan altre immagini: un gruppo di maschi ha manifestato a Kabul indossando il burqa. “Le autorità celebreranno la festa della donna nei grandi alberghi, noi la volevamo portare nelle strade”, ha detto uno degli attivisti di ‘Afghan Peace volunteers’ coperto con la tunica blu imposta dai talebani.
I giovani turchi con la gonna appaiono spesso tenendo per mano o in braccio bambini piccoli, sembrano reagire anche con ironia, e proponendo un altro modello di vita e di relazione con le donne, alle violenze perpetrate da altri maschi.
Forse può venire da queste immagini una provocazione possibile su cosa pensare, cosa dire, cosa agire come uomini nella giornata che in tutto il mondo è dedicata alla donna.
Una femminista che è anche una amica comune, Lea Melandri, ha criticato oggi il riproporsi mediatico della ricorrenza sempre e comunque nei termini di una irrisolta “questione femminile”: le donne “considerate come un gruppo sociale svantaggiato”. Mentre bisognerebbe dire “con chiarezza che non di “cose di donne” stiamo parlando, ma dell’idea di virilità che ha deciso dei destini di un sesso e dell’altro, della cultura e della storia che vi è stata costruita sopra, nel privato come nel pubblico. Che gli uomini si prendano la responsabilità di interrogarsi sulla violenza di ogni genere perpetrata nei secoli dai loro simili, e che lo facciano, come hanno fatto le donne, ‘partendo da se stessi’, consapevoli che solo indagando a fondo nella singolarità delle vite e delle esperienza personali possiamo scoprire le radici di una visione del mondo che ci accomuna, al di là di spazi e tempi”.
E’ un invito che raccogliamo – da anni siamo impegnati in una ricerca che va in questa direzione con gli amici e i gruppi di maschile plurale – e che rilanciamo a tutti gli uomini.
Non si tratta solo di “mettersi nei panni” delle donne in quanto vittime. Vediamo anche il rischio che l’istituzionalizzazione e l’enfasi mediatica sulle pur indispensabili iniziative contro la violenza sulle donne, e contro i divari che ancora penalizzano socialmente e economicamente le donne, cancellino il valore epocale della rivoluzione che le donne hanno compiuto nella nostra epoca producendo un cambiamento profondo nel modo di vivere, loro e nostro, e anche un nuovo pensiero politico e nuove pratiche politiche.
Proviamo a ragionare su quali possano essere oggi, dopo questa rivoluzione, i “panni” che noi maschi vogliamo indossare, perché parlino di un nuovo desiderio, di una diversa capacità di costruire le relazioni con altri uomini e altre donne. Stanno qui anche le radici di ogni possibile eliminazione della violenza.
E scrivendo su questo giornale, proviamo a porci questa domanda anche come uomini della sinistra che continuano a interrogarsi sulle modalità con cui costruire una nuova politica. Oggi questo dibattito sembra dividersi tra “coalizione sociale” e nuovo soggetto politico.
Una distinzione tra pratiche sociali e politica che è parte di un pensiero politico che ha dominato fino a oggi, anche a sinistra, e che ha riproposto una gerarchia tra pubblico e privato, istituzioni, società, relazioni.
Per rifondare una nuova cultura politica e le pratiche sociali consideriamo una risorsa preziosa il pensiero e l’esperienza del femminismo.
Anche l’impasse della sinistra tra accedere al governo snaturandosi, o soffocare in vecchi e nuovi minoritarismi è figlia di un modo maschile tradizionale di concepire il potere, il conflitto, l’identità e l’appartenenza. Mettere in discussione questo pensiero, ripensare il maschile riconoscendone il limite e la parzialità sono stati per noi una risorsa per mettere in gioco un desiderio di cambiamento come uomini.
Ecco, ci piacerebbe che da questa domenica 8 marzo potesse partire uno scambio, una riflessione, magari su queste pagine. Finora non l’abbiamo vista.