Pubblicato sul manifesto il 13 gennaio 2015 –
Avevo pensato di dire la mia sulla prossima elezione del nuovo presidente della Repubblica. E spiegare perché penso che le due persone che mi piacerebbe vedere al posto di Giorgio Napolitano sono Emma Bonino o Romano Prodi.
Solo poco fa ho appreso che Emma Bonino ha detto di dover curare un tumore ai polmoni. Inutile fermarmi su quanto la cosa mi abbia colpito e mi dispiaccia. Mi sono chiesto se avesse ancora senso mantenere il mio proposito. E mi sono risposto che forse sì. Che poteva essere un modo – per il poco che vale – di esprimere solidarietà, vicinanza, auguri, a una persona che mi è capitato di intervistare qualche volta, che conosco appena, ma della quale ho sempre avuto stima, anche al di là di idee politiche in parte diverse dalle mie.
In questi giorni di emozioni e riflessioni difficili di fronte alla violenza che ha sconvolto Parigi, mi ero convinto che ci fossero molte buone ragioni in più per desiderare una donna come Emma al Quirinale. E’ una politica laica, laicissima, ma che non ha mai svalutato il sincero impegno religioso. E’ una delle poche esponenti del ceto politico italiano che abbia seriamente coltivato la conoscenza e frequentazione del mondo arabo e musulmano. Con i suoi compagni radicali ha condotto battaglie sul terreno dei diritti e delle libertà – nelle declinazioni care all’Occidente – ma senza i toni da “scontro di civiltà” che vediamo tanto irresponsabilmente accarezzati in queste ore.
Soprattutto non dimentico la lungimirante azione tentata alla vigilia della seconda guerra del Golfo, per risolvere pacificamente, con l’esilio di Saddam, un conflitto che poi ha aperto l’abisso da cui sono emerse e si sono rafforzate varie forme di estremismo e di terrorismo fino al cosiddetto Califfato dell’Is.
Inoltre Emma, scelta all’epoca dagli elettori a cinque stelle con altri (tra cui Prodi), nominata commissaria europea da Berlusconi, e leader di un partito che è stato anche alleato con gli eredi del Pci, poteva essere la candidata ideale per un voto che mirasse a coinvolgere la più ampia maggioranza dei grandi elettori. Sarebbe bello fantasticare che la malattia non impedisse questo esito.
Anche Romano Prodi è uno dei non molti politici italiani che si è sempre impegnato molto a livello internazionale per la causa della cooperazione e della pace, specialmente in Africa, ma anche in relazione con Russia, Cina, altri continenti. Se il Pd ritiene di avere il diritto di avanzare una candidatura della propria area, non esiste – mi pare – proposta più autorevole e più credibile agli occhi del mondo, in una congiuntura globale così rischiosa e difficile. Prodi si meriterebbe anche un esplicito risarcimento dopo l’imboscata dei 101. E il Pd potrebbe riguadagnare almeno in parte l’onor perduto. Quanto al “veto” opposto da Berlusconi, mi era parso inaccettabile allora come lo sarebbe – forse ancora di più – oggi. Ho letto “retroscena” giornalistici secondo i quali anche nel centro destra si valutano i pro e non solo i contro di questa ipotesi. Non mi convincono i machiavellismi da bar che stanno dietro certe dietrologie. Ma se si crede davvero alla logica del bipolarismo bene educato, Berlusconi non dovrebbe opporre rifiuti. Non dovrebbero sottrarsi anche i grillini, visto che il nome di Romano era emerso nelle loro consultazioni in rete e torna nei sondaggi di un’area contigua, come quella del Fatto Quotidiano. Quanto a Renzi, avrebbe l’occasione di dimostrare che non è vera la tesi di chi lo vuole intento a piazzare al Colle una figura che, prima di tutto, non gli faccia ombra.