L’8 dicembre si terranno le primarie del Pd. A me sembrerebbe screanzato per chi non possiede la tessera di quel partito votare per il suo segretario. So bene che Matteo Renzi ammonisce: “Vogliono farvi stare a casa”. Bé, l’8 dicembre oltre al gazebo si aprono altre possibilità come andare a vedere un palazzo aperto dal Fai, cucinare, approfittare della domenica per applicarmi la ceretta.
Quella storia lì che “l’importante è partecipare” sembra un po’ troppo televisiva per tirarne fuori qualche succo: allo stato attuale non ho capito cosa sia in gioco con le primarie del Pd. La politica, forse. Ma a quale politica ci si riferisce? Come fanno politica quando non si dedicano alle primarie?
Ho provato a capire guardando “il confronto” su Sky con i tre contendenti: Renzi; Cuperlo; Civati. Il più deciso appariva il terzo, che ha trovato il suo slogan in “Civoti”. Ha detto che Basta con il governo Letta e le larghe intese. Andiamo a votare in primavera. A parte che adesso, con la sentenza della Corte Costituzionale (povera Corte maltrattata da Renzi; bistrattata da Crozza perché non aveva sancito quello che invece ha sancito il giorno dopo: l’incostituzionalità dell’attuale sistema di voto, ovvero del Porcellum) è ancora meno chiaro se le elezioni si avvicinano o si allontanano, mi chiedo se Civati sarebbe capace – diversamente dall’attuale premier Letta che ha combinato finora pochissimo – di risolvere uno dei mille rebus non sciolti di questo governo.
Di questi tempi, con la crisi e l’ottusità europea, non si mette facilmente insieme “il pranzo con la cena”. Per esempio non si capisce dove raggranellare i soldi dei mancati introiti Imu.
A guardare con attenzione i mesi appena trascorsi, nemmeno “gli attributi d’acciaio” del premier hanno prodotto granché. Anzi, la sensazione che nulla stia cambiando si è incollata addosso a Enrico Letta e al suo principale sponsor, il presidente Napolitano.
Di fronte a questo nulla, dubito che meglio sarebbe andare a votare per “vedere l’effetto che fa” un Berlusconi fuori dal Parlamento che tuttavia cavalca l’ennesima campagna elettorale e si candida in Bulgaria o giù di lì.
Durante la trasmissione su Sky, Civati ha parlato dei 101 parlamentari che non hanno votato Prodi. Ha nominato “la questione maschile”. Si è scusato per l’assenza di donne nella gara delle primarie. Quasi che la presenza femminile sia, di per sé, risolutiva.
Ancora sul pianeta femminile, Renzi ha citato una tal signora Francesca, madre felice perché potrà condurre il bimbo in un giardino grazie al sindaco di Firenze. Cuperlo ha messo insieme l’occupazione delle donne e la violenza sessuale. D’altronde, la data del 25 Novembre era appena passata con il suo corteo di dibattiti, testimonial, cantanti e pieces teatrali.
Cuperlo è stato serio, poco televisivo. Ha sforato i tempi nelle risposte. Preparato, non trascinante. Vuole più partito. Più legame con la propria storia. Ma tace sul racconto di una società in trasformazione e sull’esistenza di una realtà diversa per stili di vita, per modi di lavorare.
Su Renzi ha osservato giustamente Ida Dominjianni che gli è rimasto incollato il ruolo di rottamatore. Avrà pure una agenda zeppa di proposte ma nella testa dei più è rimasta l’immagine di colui che incarna il conflitto (mortale?) del figlio contro il padre; del giovane contro il vecchio. Se questo corrisponde al cambiamento, il cambiamento consiste nel fare “piazza pulita” generazionale.
In fondo, la classe dirigente del Partito democratico inamovibile e immobile una simile ordalia se l’è andata a cercare. “Possiamo dire una volta per tutte che adesso tocca a noi” ha preconizzato il sindaco di Firenze.
“Vaste programme” carico di ambizioni, di impazienze. Ma senza una lettura che sia curiosa dell’identità italiana, della composizione sociale, di quali siano i desideri di quegli uomini e quelle donne che si troverà di fronte se diventerà segretario del Pd.
Resta che tutti e tre gli aspiranti appartengono a una generazione nuova. Almeno a vederli. Penso che sia un passo avanti. Non sufficiente però per avere voglia di scegliere uno tra loro.