Circa un anno fa ero a visitare Londra , con un gruppo ben organizzato di architette, architetti e urbanisti.
In questa compagnia si era inserito il nostro gruppo un po’ speciale, composto da due architette, una giornalista, un’avvocata, una economista, un’imprenditrice… ma farei prima a dire i nomi. Tutte di una età rispettabile, molti impegni, con diverse velocità, ma nessuna pigrizia .
Gruppo eterogeneo ma affiatato, con denominatore comune essere amiche di Laura Gallucci, la più geniale compagna di viaggio di tutti i tempi.
Passione in comune ? La modernità nella città, il fascino dell’architettura che non è lusso, ma possibilità di muovere i nostri corpi in modo inconsueto, comodo, a varie quote di altezza, con il principio della trasparenza che si materializza, le superfici che sono morbide e adatte ai passi nostri, tutto è fatto per stimolare pensieri e movimenti. Persino i metalli eleganti, le luci che partono da punti strani, le dimensioni e le forme che ti fanno passere dallo “spaesamento” al ricordo… questo odore di nuovo che ti risveglia, ti mette le ali ai piedi. Senti un benessere fisico.
In quei giorni ascoltammo anche alcuni architetti della municipalità e programmazione urbana che ci informarono di come i cittadini avevano voce in capitolo sull’assetto urbano, e nei quartieri ci fossero iniziative autogestite sulla bellezza dei luoghi (piante, luci). Io però notai che nella strada che percorrevamo sotto la pioggia per rientrare ai nostri alloggi, “studios” di ultima generazione, una pozzanghera profonda interrompeva il marciapiede, e per 3 o 4 passi si doveva deviare bruscamente sulla strada, dove era in arrivo un serie di autobus rossi, e si correva un piccolo rischio.
Contemporaneamente, a ridosso del nostro quartiere studentesco, la città era tutta un cantiere, non solo per le Olimpiadi. Edifici, “enclaves” di appartamenti extralusso, firmati dai grandi studi, destinati a principi della finanza/riciclaggio di varie nazionalità. Ho visto, sempre firmato da archistar, anche qualche spettacolare e un filo pacchiano centro commerciale mezzo vuoto, insomma il famoso “mercato” dell’economia finanziaria ci stava sulla testa, un sapore di cosa losca e un velo di tetraggine diminuiva la bellezza delle nostre architetture trasparenti ed accoglienti.
Ho avuto il sospetto che l’urbanistica “partecipata”della Grande Londra fosse un po’ un imbroglio.
Poi ho appreso che il sindaco di Londra assomiglia troppo ad un uomo di affari… Questi ricordi, risvegliati dalla primavera e dal recentissimo convegno sulla “architettura del desiderio” che si è svolto a Roma mi spingono a proporre a tutte voi che amate l’architettura, in questo periodo dalle mille elezioni, di interrogare con forza e pignoleria i nostri candidati a sindaco, alla Casa Internazionale delle Donne, sui loro progetti per la città di Roma, con domande e risposte precise e non riferite alla linea dei partiti, ma a titolo personale. Queste risposte saranno scritte, firmate in una bacheca, resteranno lì per essere lette da tutte, resteranno nella storia della Casa, che è un fiore all’occhiello della modernità di questa città.