E così il grande show della politica-spettacolo è andato in onda: gli arcinemici Berlusconi e Santoro ( Travaglio ha ricoperto in fondo il ruolo di “spalla”) hanno incrociato le loro spade laser mediatiche sul set di “Servizio pubblico”.
Il duello è stato chiaramente vinto dal Cavaliere, in gran forma, e completamente a suo agio in quel format. In premessa Santoro aveva ricordato l’origine democratica di “Servizio pubblico” sostenuto in autonomia da un popolo di sottoscrittori. Ma ormai la trasmissione è fiore all’occhiello di un’impresa privata, un po’ particolare, come Telecom. E se Berlusconi ha vinto il duello – e i sondaggisti già prevedono un certo successo anche in termini di recupero elettorale – Santoro ha procurato una vittoria ancora più eclatante ai suoi nuovi editori.
La pagina su Wikipedia dedicata a La7 è stata immediatamente aggiornata con la notizia: “la puntata di Servizio Pubblico con ospite Silvio Berlusconi fa registrare al canale il suo nuovo record d’ascolti: ben 8.670.000 telespettatori ed il 33,68% di share, facendo di LA7 la rete più vista della prima e della seconda serata. E’ la prima volta in assoluto nella storia della tv italiana che un canale esterno al duopolio Rai-Mediaset vince la sfida degli ascolti del prime time”.
Grasso che cola per l’emittente e Telecom, impegnata in una complessa operazione di vendita della tv, i cui bilanci non sono precisamente floridi. Ma c’è chi osserva che forse ora converebbe tenersela. Enrico Mentana gongolava senza ritegno – al punto di scusarsene – mentre commentava la notizia nel suo tg.
La imprevista, diabolica vitalità del Cav. preoccupa le altre forze politiche e i commentatori vicini al centrosinistra. Sulla “Repubblica” e sul “Fatto quotidiano” ci si affanna a enumerare tutte le “bugie” dette e ripetute sfrontatamente da Berlusconi. Ci si augura che i 9 milioni di spettatori non se le bevano. E persino Giuliano Ferrara apprezza la performance dello showman ma giudica evanescente e confuso il discorso del leader politico.
Non mancano le proteste – diffuse nel web – del tipo: ma come, proprio Santoro fa questo ottimo servizio al terribile Caimano?
Ma il duello televisivo ai miei occhi ha confermato che Santoro e Berlusconi sono fenomeni profondamente contigui e speculari, radicati in quella realtà decisiva delle nostre vite che è la dimensione spettacolare. Non è solo la rappresentazione fittizia del Truman Show. E’ una grande industria, un mondo assai largo di lavoro e intelligenza, di vissuti e varia umanità, e soprattutto un codice linguistico condiviso da tutti.
Berlusconi può dire, e dice, moltissime bugie, ma conquista credito perché mette in scena, con il corpo, il comportamento, la spontanea convinzione delle sue parole, una verità assolutamente credibile: io vi dico e vi dimostro che il mio mondo, il mondo in cui governano i ricchi come me – in cui chiunque può arrangiarsi e avere la sua grande occasione di successo, senza troppo sottilizzare sui doveri di pagare le tasse, rispettare la legge e essere fedeli alle mogli – è il migliore dei mondi possibili. E comunque è l’unico possibile.
In fondo è una Grande Tautologia, la trasfigurazone come “sogno” (pronunciato al modo di Briatore-Crozza), dello stato presente delle cose, soprattutto nel nostro Bel Paese.
Questo tipo di verità si capovolge – come dimostrano gli ultimi vent’anni – non tanto denunciandone le bugie e le malefatte (per quanto grandi e numerose siano), ma essendo capaci di proporre una verità diversa, un’altra idea di libertà e di società, altrettanto sinceramente affermata e vissuta. Ma è proprio questo che è in larga misura mancato da parte di chi si è opposto e si oppone al berlusconismo. Questo vuoto preesisteva al Cavaliere, ed è lo stesso vuoto in cui ha fatto irruzione la “televisione-verità” di Santoro, con le piazze urlanti di Samarcanda. Era il 1992, e il super conduttore televisivo scriveva su Micromega : “le nostre piazze urlavano nel vuoto e si è stabilito un cortocircuito tra noi e la realtà che rappresentavamo (…) non c’erano leader validi e quindi spettava a noi costruire uno sbocco politico alla protesta”.
La sinistra mediatica si buttava a capofitto nella ricerca del “partito che non c’era” nel contesto della “rivoluzione italiana” aperta da Tengentopoli. E la vittoria andò al nuovo partito inventato lì per lì da Berlusconi e dai suoi.
Chissà se Santoro – vent’anni dopo – svolgerà ancora in qualche modo il ruolo di “levatrice” del ritorno del Cavaliere. O se il successo spettacolare dell’epico duello si rivelerà il canto del cigno di un modo di intendere, rappresentare e parlare la politica che ha inaugurato e accompagnato quotidianamente la cosiddetta Seconda Repubblica, determinandone in modo non trascurabile la pessima prova.