“Biancaneve” e “Biancaneve e il cacciatore”, due film –
Due film prodotti e distribuiti nel 2012, tratti dalla stessa favola dei Fratelli Grimm. Due i registi: Tarsem Singh meno impegnato, futilmente espressionista; Rupert Sanders più dark, cupamente escheriano. Due le Regine cattive: Julia Roberts, stretta in abiti che somigliano alla carta dei cioccolatini, sarcastica estimatrice di toraci maschili. Charlize Theron, ovvero la serial killer Ravenna, teorizza la necessità di eliminare i maschi prendendo magari esempio dallo “Scum Manifesto” di Valerie Solanas. Narcisa, gelosa, crudele per necessità, “aspira” l’anima di giovani vittime femminili, pur di arrestare la vecchiaia. Uma Thurman non si comportava diversamente quando, in “Kill Bill”, strappava il cuore dei nemici.
L’eroina positiva, l’avrete capito, è Biancaneve. Colei “che teme di abbandonare la sua posizione di dipendenza da altri” (Bruno Bettelheim), che rifiuta di lasciare l’adolescenza per la maturità.
Nel film di Singh somiglia a Robin Hood; in quello di Sanders a un’epica Giovanna d’Arco. Se vi aspettavate che nella casetta dei sette nani si mettesse a rassettare, lavare tazzine e piattini, sprimacciare cuscini, vi eravate sbagliati. Nei due film il mondo femminile è deciso, volitivo. Mentre gli uomini come minimo sono sbiaditi. Persino il Cacciatore te lo dimentichi un momento dopo. Quanto al re che era un inetto lo sapevamo. Il Principe ha perso per strada la corona. Si aspetta la terza versione di Biancaneve, già annunciata. Dato che dalle favole, pur in modo indiretto, si può tirare fuori una morale, vedremo se anche in questa terza Biancaneve la morale della favola parla di donne forti e maschi in cerca di identità. Per compiacere il pubblico e fare cassetta?