Sorridente, impeccabile come sempre in un delizioso tailleur bianco e beige, in piena campagna elettorale a sostegno degli candidati ai ballottaggi delle elezioni legislative per la prossima domenica, ieri Sègolène Royal ha risposto sobriamente ai dirigenti del Partito socialista che l’hanno liquidata come una «che ha la sua libertà e la usa come vuole», una che se propone al centrista Bayrou un’alleanza sul filo di lana, l’ultima occasione disponibile prima di entrare in pieno nell’era Sarkozy, lo farebbe perché ognuno è libero di telefonare a chi gli pare, siamo in una «democrazia telefonica», come aveva sibilato tagliente il segretario del PS e padre dei suoi figli François Hollande. «Non facciamo tempeste in un bicchiere d’acqua, ha dichiarato Ségolène, non ho niente da dire». Perché il segretario del Partito socialista, ha ribadito la direzione che finalmente ha affrontato la diarchia di fatto del partito, è uno solo, Hollande appunto. Mentre un candidato autorevole, Manuel Valls, sindaco di Evry e deputato dell’Essonne, sbotta: il partito socialista non può essere un affare di coppia. Insomma, la rivincita degli elefanti è arrivata. Niente attira la vendetta come una sconfitta. Tanto più se la perdente non dà segni di cedimento e si ostina, la sciagurata, a proporre la sua politica, a non nascondere le sue ambizioni. Non sarà la presidente dei Francesi, ma perché non dovrebbe diventare segretario del partito socialista, e prepararsi alle elezioni del 2012? Strano destino, quello di Sègolène Royal. Per lungo tempo madre e compagna esemplare ora è protagonista sulla scena pubblica di un vaudeville in cui l’oggetto della contesa della coppia non è la relazione, ma il Partito socialista, come sosteneva martedì l’aspro editoriale del Monde. Mentre viene accusata di essere una rovinosa femme fatale, secondo il pamphlet di successo scritto da Raphaëlle Bacqué eAriane Chemin che lei e Hollande hanno denunciato per violazione dell’intimità. E del genere più pericoloso, quella che abbaglia col bianco, come la Cora di “Il postino suona sempre due volte”(sia Lana Turner o Jessica Lange). La purezza è temibile, soggioga e delude dolorosamente, se non mantiene la promesse di potenza. Insomma, vorrebbero spazzarla via, senza tanti complimenti. Una che persuade i giovani (57%), e soprattutto le giovani donne (69%), una che nell’analisi del voto del 6 maggio, -l’hanno votata massicciamente le minoranze e chi si trova agli estremi sociali, cioè chi sta bene e chi non ha niente-, soprattutto conferma di rappresentare il cambiamento. Ma cambiare spaventa. Come mostrano le decisioni dei dirigenti socialisti, che rassicurano e si rassicurano di essere quelli di sempre, non si contamineranno con ibride alleanze. Certo, guardare al centro è un gesto pragmatico, necessario, però non portatore di una grande novità, speranza. Altro ci si aspetta da lei, questa donna che non ha mai incarnato l’unica figura simbolica ammessa per il potere esercitato da donne, la dominatrice. Per questo il sarcasmo, gli spiriti ribollono, il desiderio di farla fuori è violento, ha un sapore di esplicito sadismo. Sporcarne il nitore, la compostezza, la femminilità. Speculare all’accanimento distruttivo che ieri sul Corriere della sera Cristopher Hitchens ha messo in luce nella sua difesa di Paris Hilton incarcerata. Tutt’altra storia, eppure anche lì si tratta di una perdita di potere, potere di immagine. Nella commistione tra media e politica, la bestia selvaggia, come l’ha definita ieri su Repubblica un Tony Blair senza freni, come può esserlo un politico che sta per abbandonarlo, il potere. Un odio, quello contro Sègolène Royal, che non risparmia le donne, anzi. Che l’hanno votata poco, solo il 46%, e ancora meno se anziane, per quelle oltre i 64 anni il candidato del cuore è stato Sarkozy (+11%). Un dato interessante. Non solo dice quanto la sacralità del potere sia ancora legata al corpo maschile, ma anche quanto Ségolène può fare per cambiarne i connotati, la fisionomia fisico-simbolica. Ancor più nella sconfitta. E non lo dico per consolazione, ma perché so quanto è duro per le donne accettare le misure e gli scontri, non farsene annientare, riprovare di nuovo. Persistere, cercare nuove strade, volere una vittoria. Inaccettabile. Che Sègolène Royal possa provarci, mi sembra il tipo di speranza che le giovani donne che l’hanno votata hanno intravisto. Che poi sia la sua speciale strada per liberarsi (e vendicarsi) di un compagno che l’ha offesa e tradita, come vuole il gossip parigino divulgato dal libro incriminato, mi sembra ancora più interessante. Un nuovo episodio del privato che irrompe nel pubblico, della vitalità immessa nella vita sociale quando la coppia si apre, rompe il guscio della complementarità, e si mette in luce la relazione di differenza. Altro che mettersi in mano agli avvocati, puntare al portafoglio, per non parlare dei maglioni tagliuzzati o delle serrature di casa cambiate e dei vestiti buttati dalla finestra. Altro che liquidazioni in stile Ivana Trump. Il Partito socialista, una nuova politica. Grandioso, no,anche senza la presidenza? E non si ascoltino i richiami a più nobili motivazioni maschili. Non abbiamo sempre saputo che sono il denaro e le donne l’obiettivo delle prodezze degli uomini? Allora, forza Sègolène, e speriamo che non diventi martire.