I giornali, in questi giorni, scrivono pagine e pagine mescolando episodi di (non ancora verificata) corruzione accompagnati da veri e propri feuilleton, conditi di aneddoti e pettegolezzi che sembrano offerti apposta per vendere qualche copia in più.
Succede per la vasca da bagno del sindaco di Bari, Emiliano, nella quale, verosimilmente fu depositato il dono ittico di un amico imprenditore, consigliere regionale del Pd ora finito in carcere (insieme ad altri sei membri della sua famiglia). Succede anche per l’intervista (molto letta e commentata) al pescivendolo che consegnò il dono, sia pure in anticipo sulle festività natalizie.
Stesso interesse circonda i fine settimana di quei giudici tributari napoletani che pare aggiustassero le sentenze ricevendone in cambio viaggi non alle Seychelles oppure a Santo Domingo bensì in apriche località e gradevoli resort poco distanti dalla città partenopea, sulla costiera amalfitana.
Quanto al piatto di spaghetti da 180 euro mangiato in un ristorante romano dall’ex tesoriere della Margherita, Lusi, ha segnato l’immaginario di un ampio numero di persone. Rispetto ai posti barca acquistati dalla famiglia dell’ex ministro Scajola dei quali uno appartiene alla sorella settantenne, evidentemente amante del mare, è tornato in mente pure l’appartamento economicissimo nonostante la vista sul Colosseo, “regalato” all’ex ministro.
Il quale uomo politico del Pdl in una intervista (sul “Corriere della Sera” a Erika Dellacasa) ha lamentato la trasformazione dell’Italia nel “paese del sospetto. La morale è amara: meglio non assumere responsabilità, essere invisibili”.
Il guaio, pare dire, è che se accetti delle incolpevoli cozze (pelose) in attesa di passare dalla vasca da bagno alla padella del primo cittadino di una città pugliese oppure prendi dei posti barca nell’incompiuto porto di Imperia (per il quale è finito in carcere il costruttore Caltagirone), questo genere di esibizione ti verrà fatta pagare. A caro prezzo.
Accettare dei molluschi vivi, ordinare un piatto di pasta condita con caviale non è un reato. Ma lascia una sgradevole sensazione di eccesso. Di esibizione arrogante da parte del politico, del magistrato, del prete (penso a Don Verzé).
Esibizione legata a uno stile di vita nel quale il denaro è l’asse portante. Eppure, l’uomo pubblico (ci sono anche delle donne, state tranquille) una volta stava attento a non provocare nei cittadini, generalmente più umili e modesti, sbocchi di bile e morsi di invidia
Parlamentari, giudici, imprenditori, primari, consulenti di municipalizzate, controllori e controllati, sono convinti che l’immagine del proprio potere abbia bisogno di quei simboli e quei rituali. Che cosa ha prodotto una simile convinzione?
Si possono portare tante ragioni: una casta famelica, la “mala education” atavica, la doppia morale, l’individualismo, il servilismo in quanto vizi nazionali, e poi la crisi dei partiti, le difficoltà della Chiesa, l’assenza di impegno per il bene pubblico. Nessuno ha più la forza di dettare una morale, di stabilire delle regole, di proporre un sistema valoriale.
Scomparse le grandi narrazioni e dal momento che si sono approfondite le differenze tra ricchi e poveri, con la remunerazione vertiginosamente e inspiegabilmente alta dei manager o dei grandi banchieri, non resta – sembrerebbe – che cercare di imitare i ricchi. Secondo un modello, un nuovo imperativo categorico del lusso ostentato “fai-da-te”.