Due film: “Cesare deve morire”, “Posti in piedi in Paradiso”
I due film: l’uno dei fratelli Taviani, l’altro di Verdone, sono ovviamente diversissimi quanto a qualità, spessore, sceneggiatura, contesto , ma trattano entrambi di comunità separatiste maschili. Il primo è la rappresentazione del “Giulio Cesare” di Shakespeare fatta nel carcere di Rebibbia e la drammaticità del testo acquista un tono speciale proprio a causa degli attori, tutti detenuti della sezione speciale: qualcuno omicida o pluriomicida, qualcuno condannato a “fine pena mai”.
Il potere, la dittatura del potere, la libertà, l’omicidio come mezzo, tutti temi interni al “Giulio Cesare”, assumono un tono diverso quando vengono trattati da chi sta pagando proprio per la ferocia della lotta. Gli attori sono uomini sconfitti che attraverso il testo riescono a mettere in parola i propri tormenti. Potrebbe essere un inizio di autocoscienza partendo da Shakespeare.
Altra scena nel film di Verdone: uomini rimasti soli che hanno perso denaro e autorità , si barcamenano nella ricerca di una sopravvivenza ai limiti della dignità. E’ la rappresentazione anche comica del maschile nel post-patriarcato in cui viene messa in scena tutta la confusione, la debolezza e la fragilità dei soggetti. Forse una nuova elaborazione potrà nascere solo se alla rappresentazione farà seguito la coscienza dei limiti e la presa in carico della fragilità. Sono due film da vedere e il secondo è anche divertente.