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Microcritiche / Violenza e eros tra le paranoie velenose del Führer

25 Aprile 2025
di Ghisi Grütter

LE ASSAGGIATRICI – Film di Silvio Soldini. Con Elisa Schlott, Max Riemelt, Alma Hasun, Emma Falck, Olga von Luckwald, Thea Rasche, Berit Vander, Kriemhild Hamann, Boris Aljinovic, Nicolò Pasetti, Esther Gemsch, Italia, Belgio, Svizzera. Costumi di Marina Roberti, scenografia di Paola Bizzarri, musiche di Mauro Pagani e fotografia di Renato Berta.

Il film è tratto dall’omonimo romanzo di Rosella Postorino ispirato alla vera storia di Margot Wölk, che a 95 anni ha raccontato di essere stata un’assaggiatrice personale di Hitler.
Siamo tra il 1943 e il 1944 nel villaggio Gross-Partsch (all’epoca Prussia, oggi Polonia) tra i cui abitanti vengono selezionate sette giovani donne tedesche, che saranno obbligate al ruolo di assaggiatrici del cibo preparato per Hitler, che era ossessionato dall’idea di essere avvelenato. Infatti lì, a pochi chilometri, nel distretto di Rastenburg, si trovava il quartier generale di Adolf Hitler sul fronte orientale, il Wolfsschanze – ovvero “Tana del lupo” – un insieme di bunker seminascosti nella foresta da cui diresse le operazioni fino alla fine del 1944, abbandonato poi a causa dell’avanzata dell’Armata Rossa.
Rosa Sauer (interpretata da Elisa Schlott) era scappata dalla Berlino bombardata per rifugiarsi nella casa dei suoceri in attesa di notizie del marito in guerra. Viene quasi subito prelevata dai militari nazisti due volte al giorno per mangiare il cibo destinato al Führer che aspettava prudentemente un’ora prima di pranzare, nel caso il cibo fosse avvelenato. Rosa nel frattempo riceve la notizia che suo marito è disperso, e cade in una forma di depressione, ma i nazisti la obbligano a continuare a mangiare, nonostante non ne avesse assolutamente voglia.
Le cose cambiarono inaspettatamente il 20 luglio 1944, il giorno del famoso mancato attentato a Hitler da parte del colonnello von Stauffenberg: nella sala in cui Hitler stava tenendo una riunione con una ventina di ufficiali esplose una bomba contenuta in una valigia. Morirono tre ufficiali e lo stenografo della riunione, mentre Hitler ne uscì senza gravi danni, perché probabilmente all’ultimo momento la valigia venne spostata con un piede dall’uomo che sedeva accanto a Hitler (il colonnello dell’esercito Heinz Brandt, che morì il giorno dopo per le ferite riportate). Alle assaggiatrici non venne più permesso di abitare a casa propria e vennero trasferite in un edificio scolastico sfollato vicino al quartier generale.
Parallelamente a questi fatti si intreccia un rapporto tra Rosa e il capitano Ziegler (interpretato da Max Riemelt) che la va a cercare durante la notte per avere dei rapporti sessuali. Lei da un lato, rimasta senza un uomo, si sente gratificata, poi comincia a pensare che potrebbe trarne un tornaconto. Ma lui è accecato dalla disciplina e una notte le racconta che era stato allontanato da un lager perché non riusciva a tollerare tutta la violenza che era costretto a infliggere. All’inizio dei loro incontri il film mi ha ricordato quelli tra il tenente nazista e la giovane vedova francese, in “Suite francese” di Saul Dibb del 2014, invece tanto era gentile e timido quel sentimento, mediato dalla musica, quanto assolutamente mancante negli amplessi tra Rosa e Ziegler.
Non voglio entrare troppo nei racconti della trama, posso però affermare che ho apprezzato come Soldini abbia tratteggiato diversamente le ragazze, le loro condizioni, le idee politiche, il loro diverso atteggiamento di fronte alla situazione coatta in cui si trovavano tutte e sette.
Nel film c’è un’attenta ricostruzione di scenografie, trucco e costumi, e notevoli sono le scelte della regia di muovere le riprese in spazi circoscritti, indugiare sui dettagli, narrare le piccole storie personali e i particolari a margine del conflitto.
Ottimo è il casting che si trova a confrontasi con la presenza opprimente e fantasmatica del Fuhrer. L’orrore c’è ma non si vede, si intuisce.

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