Leggo sempre con interesse Massimo Cacciari, interesse confermato da quanto ha scritto ieri (lunedì 7 aprile) sulla Stampa. In sintesi: la “guerra dei dazi” scatenata da Trump è il segnale che «la crisi degli equilibri internazionali è sempre più vicina al punto di rottura». La globalizzazione tecnico-economica non ha avuto una guida politica consapevole e ha creato contrasti acuti: «Che mercato e libero scambio potessero da soli produrre benessere e pace faceva parte dell’armamentario ideologico al quale si sono arrese dalla fine della guerra fredda le “sinistre” del mondo. Peggio: quella ideologia presupponeva tacitamente che di fatto esistesse una sola guida del processo di globalizzazione, e che questa guida fossero gli Stati Uniti».
Ma ora il ritorno e le decisioni di Trump sanciscono che quella egemonia è finita. O che comunque sarà tentata – aggiungo io – con metodi diversi. Andrebbe anche detto che la guida americana, oltre a avere scatenato conflitti “a fini democratici” che hanno destabilizzato intere aree del pianeta, ha prodotto per un eccesso di ingordigia capitalistica un trasferimento di produzioni manifatturiere nei paesi con manodopera a basso costo che ha impoverito gran parte del popolo operaio bianco e maschile del paese. Rappresentanti del quale erano invitati con risalto simbolico nel “giardino delle rose” della Casa Bianca, dove Trump ha pronunciato il discorso programmatico della sua “guerra”, tabellone alla mano, e non senza aver annunciato che farà pavimentare il prato «perché le signore con i tacchi alti inciampano».
Cacciari prosegue suggerendo all’Europa di guardare al rapporto col gigante cinese (finora non si sono avverate le profezie di un arresto della sua crescita tecnologica e economica) essendo capace di «produrre un contraccolpo di reale autonomia e unione nei confronti degli Usa». Riconoscendo gli interessi vitali che ha nel «rappresentare il punto di mediazione tra Occidente, Oriente, Mediterraneo e Africa. Interessi vitali a portare a termine guerre civili al proprio interno e conflitti armati ovunque si manifestino». Senza una tale «visione strategica» ogni ricerca di unità di azione per rispondere all’attacco di Trump «varrà meno di un’aspirina».
Il filosofo e politico non esclude una Difesa comune europea, ma bisogna fare l’opposto delle «attuali grida al riarmo». Ci vuole prima l’unità politica, quindi un unico esercito, un unico comando. Altrimenti sarebbe «come indebitarsi per l’automobile senza saper guidare». Immagine pregnante. Ma viene la domanda: se poi si imparasse a guidare, dove si porterebbe l’automobile? E caricandoci sopra chi?
In un articolo non si può dire tutto. Ma andrebbe ripreso quello spunto iniziale: le “sinistre” che si sono arrese all’ideologia neoliberale. Credo non basti – come fa Cacciari concludendo – stimolare «l’Europa dei diritti sostanziali (…) e delle costituzioni democratiche progressiste del Dopoguerra» a riconoscere su questi terreni una «inarrestabile decadenza» e a decidersi a «aprire la bocca» sul massacro quotidiano a Gaza. Cose sacrosante. Ma chi si considera “sinistra”, in questa e altre parti del pianeta, dovrebbe interrogarsi a fondo nella ricerca di una nova capacità critica verso un sistema-mondo che il capitalismo senza controllo sta portando sull’orlo di catastrofi belliche, ambientali, economiche, cognitive. Spirituali?
Venerdì prossimo, alla Camera, per iniziativa dell’Ars (Associazione per il rinnovamento della sinistra) e di Critica Marxista, vorremmo partire da queste domande – che erano le sue – per ricordare un amico e compagno come Aldo Tortorella. Scommettendo che ciò possa contribuire a una riflessione più larga, plurale e radicale.
Ps: la discussione svolta poi venerdì 11 alla Camera, con il titolo “Comunismo e libertà. Il punto di vista di Alto Tortorella”, è stata trasmessa in diretta da Radio Radicale e si può vedere e ascoltare sul sito della radio: https://www.radioradicale.it/scheda/756648/comunismo-e-liberta-il-punto-di-vista-di-aldo-tortorella