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Microcritiche / Due generazioni in un taxi, a New York

29 Dicembre 2024
di Ghisi Grütter

UNA NOTTE A NEW YORK (Daddio) – Film di Christy Hall. Con Dakota Johnson, Sean Penn, Marcos A. Gonzalez, USA 2023. Sceneggiatura di Christy Hall, musiche di Dickon Hinchliffe.

Una notte a New York” è stato presentato a settembre scorso al 50º Telluride Film Festival. È un film di impianto teatrale perché si regge tutto sul dialogo di due persone dentro un taxi, ma se non fosse per una o due cose sembrerebbe fatto negli anni ’70, quando si vedevano i vecchi Yellow Cabs in giro per Manhattan e per come erano vissuti allora i rapporti e i problemi familiari.
I due straordinari attori – Dakota Johnson e Sean Penn – da soli, reggono magnificamente la scena per tutto il tempo.
Girlie è una giovane donna che ritorna a casa a Hell’s Kitchen, Manhattan, dopo aver passato alcuni giorni dalla sorella maggiore in Oklahoma. Nel percorso dal JFK Airport a Midtown si trova coinvolta in una lunga conversazione con Clark, l’attempato e chiacchierone autista del taxi. Tra la giovane e il tassista nasce presto un rapporto di reciproca sincerità che li porta ad affrontare argomenti a volte frivoli e a volte spinosi. Ogni tanto lei risponde ad un WhatsApp del suo amante che si scoprirà essere molto più grande di lei e che chiama Daddio, variazione di dad papà e daddy paparino. Come se non bastasse, sempre nella prolungata chiacchierata con il tassista, viene fuori che è sposato e ha tre figli piccoli.
Quasi per gioco, i due si sfidano a chi svela – a turno – la verità più intima, fino alla fine della corsa.
Così sappiamo anche come Clark conobbe la sua prima moglie e quali fossero le caratteristiche intime e giocose del loro matrimonio.
Un incidente tra automobili prima del Queens Midtown Tunnel concede loro ulteriore tempo per conoscersi ancora di più: la reciproca compartecipazione cresce man mano e ognuno penetra nella vita dell’altro, o dell’altra, emozionandosi e perfino commuovendosi.
Il film è stato girato tutto nel taxi da fermo, proiettando all’esterno immagini del reale contesto urbano che si percorre andando dall’aeroporto internazionale a Midtown (più di un’ora di percorso e a tariffa fissa).
La regista e sceneggiatrice Christy Hall descrive il suo progetto, come una “capsula del tempo”, qualcosa che si rivela capace di catturare la magia dell’interazione umana. In una intervista la Hall, che è venuta a Roma a presentare il film, sostiene che ha voluto mettere in evidenza due generazioni diverse che possono ancora incontrarsi ed entrare in connessione, proprio per sottolineare l’elemento umano, in un periodo di apoteosi dell’Intelligenza artificiale quale sostituzione dell’uomo.
Personalmente non sono d’accordo con l’interpretazione di alcuni psicoanalisti che vedono in questo raccontarsi un atteggiamento analitico, per varie ragioni. Intanto il gioco è reciproco – cosa che non avviene nelle sedute tradizionali – poi perché il fatto di aprirsi e di raccontare cose mai dette prima a nessuno, a mio avviso, viene prevalentemente dalla certezza che la persona che abbiamo davanti non la vedremo mai più nella vita. Così non è per lo psicoanalista. E poi chi lo ha detto che ci si racconta in analisi? Conosco molte persone che nel setting parlavano per metafore oppure altre che facevano scene mute durante le sedute…… Basti pensare, a questo proposito, ad Alvy Singer nel film “Io e Annie” di Woody Allen del 1977 che «dal suo analista in 15 anni solo gemiti….»

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