Roma è una città disordinata e a volte respingente, ma conserva la magia di sorprendere grazie ai tesori di bellezza di cui è ricca. Piazza Campitelli l’ho percorsa centinaia di volte, molti anni fa e per lo più di fretta, quando seguivo per l’Unità le vicende del Pci. Botteghe Oscure è dietro l’angolo. Ma solo martedì scorso ho ammirato con attenzione la Chiesa di Santa Maria in Portico, e il fascino barocco di locali attigui mi ha colpito perché vi ho ascoltato la trascinante musica romantica di una compositrice ancora troppo ignota, Ingeborg Bronsart (1840-1913), riscoperta e eseguita al pianoforte da Orietta Caianiello insieme al violoncellista Luca Peverini.
Come in una grande “scatola cinese” dall’architettura barocca è venuto fuori il ricordo musicale avvolgente di una donna dimenticata. Poi è stata la volta delle parole, organizzate dal critico musicale Sandro Cappelletto, che ha intervistato le curatrici del libro Musiciste e compositrici 2. Creazione, interpretazione, didattica, pubblicato dalla Società Editrice di Musicologia: seconda uscita di una collana a cura di Bianca Maria Antolini, Orietta Caianiello, Milena Gammaitoni. Ecco il contenuto della nuova scatola, apparecchiata dall’associazione culturale “idee erranti”.
Se si digita on line la parola compositrice, è stato detto, si ottiene come risultato “macchina per comporre”, o al massimo “compositori donne”, ma non salta fuori alcun nome proprio. I ventun saggi contenuti nel libro proseguono un’opera di disvelamento della presenza femminile nella storia della musica parlando dell’Ottocento e del Novecento, intrecciando musicologia e sociologia. Non solo quindi linguaggi e partiture, tecniche esecutive, ma ambienti sociali, storie delle vite: molto condizionate, quelle delle donne, da pregiudizi e consuetudini escludenti che si sono trascinati anche lungo il secolo scorso. Era soprattutto il matrimonio, e il ruolo sociale del consorte, che condizionava la carriera di cantanti o esecutrici – è stato il caso della Bronsart, concertista allieva di Liszt – spingendo magari le artiste costrette a non esibirsi in pubblico a “rifugiarsi” nella composizione di opere destinate a esecuzioni nei salotti. Cosa che ha dato luogo ad alcune “rivincite” postume, per la fortuna di noi ascoltatori.
Ma ci sono voluti due secoli di impegno e passione di ricerca che hanno accompagnato le varie “ondate” dei movimenti femminili e femministi dal tempo delle battaglie per il suffragio femminile, attraverso la rivolta degli anni Settanta, fino ai movimenti queer su cui si discute oggi. Accanto ai nomi delle musiciste emergono – nel saggio di Caianiello sui I gender studies americani e la musica – quelli di etnomusicologhe come Ellen Kolskoff e riferimenti storici che risalgono al 1848, quando a New York nacque il movimento suffragista americano.
L’interesse maschile, testimoniato da Cappelletto, emerge in quattro dei 21 saggi. Salvatore Dell’Atti si concentra sull’autrice francese di fine Ottocento Augusta Holmès e la sua vision de Sainte Thérèse. Tullio Visioli parla del canto delle voci bianche nel Novecento italiano e della relativa pedagogia femminile. Renzo Cresti fa una rica carrellata sulle compositrici italiane fino alle contemporanee. Luca Aversano, che è anche tra gli organizzatori delle attività universitarie che hanno portato a queste iniziative editoriali e concertistiche, insiste sull’urgenza di fare entrare questa storia rimossa nella scuole. Argomento centrale che non riguarda solo la musica.
Alla fine altra musica, di Germaine Tailleferre, eseguita anche da Paolo Montin al clarinetto e Nazarena Recchia all’arpa.