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In una parola / La guerra e il bene da cui ripartire

15 Aprile 2024
di Alberto LEISS

Pubblicato sul manifesto il 2 Aprile 2024 –

Si può sorridere in tempi che avvertiamo così oscuri?
Su Facebook ho trovato una vignetta in cui si vede Gesù che esce, risorto, dalla grotta in cui era sepolto spostando quel pesante masso, e si affaccia in un mondo sconvolto da incursioni aeree, bombe che esplodono, nemici che si combattono. A quel punto decide di rientrare nella grotta e rimette a posto la pesante chiusura.
All’immagine della pietra rimossa si è riferito domenica il Papa: «La Chiesa – ha detto nella benedizione Urbi et Orbi – rivive lo stupore delle donne che andarono al sepolcro all’alba del primo giorno della settimana. La tomba di Gesù era stata chiusa con una grossa pietra; e così anche oggi massi pesanti, troppo pesanti chiudono le speranze dell’umanità: il masso della guerra, il masso delle crisi umanitarie, il masso delle violazioni dei diritti umani, il masso della tratta di persone umane, e altri ancora. Anche noi, come le donne discepole di Gesù, ci chiediamo l’un l’altro: “Chi ci farà rotolare via queste pietre?”».
Ancora su Facebook alcune di queste frasi di Francesco rilanciate da Ida Dominijanni. Ringraziamento da una femminista al Papa, augurio che il mondo, se sarà salvato, lo sarà «dallo stupore delle donne e dai ragazzini».
Siamo, chi più chi meno, alla ricerca del bene che può aiutarci a fare leva contro quei macigni. Vediamo tutti i giorni immagini di sofferenze orrende. Messaggi storpiati dal linguaggio della guerra. Dall’ossessione per i nemici. Come quel fotomontaggio rilanciato da Trump in cui si vede l’attuale presidente Biden “incaprettato” sul pianale di un pik-up. Ricorda quella, purtroppo vera, dei miliziani di Hamas su una simile camionetta con il corpo di una ragazza ebrea massacrata.
Bene è una parola che è insieme un avverbio e un sostantivo, deriva dal latino e forse da una lontana radice indoeuropea che si riferisce al “fare, eseguire, mostrare favore”, al contrario di male, che sin dal principio evocherebbe il “falso, cattivo, sbagliato”. La paroletta si insinua, senza che ce ne rendiamo ben conto, in certi avverbi composti che sembrano riferirsi alla precarietà di questo bene anche laddove si manifesti: Benché, Bensì, Ebbene, Sibbene… Insomma, se riusciamo a vederlo da qualche parte, cerchiamo di afferrarlo questo bene.
Domenica mattina mi sono trovato, del tutto imprevedibilmente e per ragioni amicali che non racconto, a seguire una parte della messa in piazza S.Pietro. E guardando i tanti sorrisi che si incrociavano tra le persone presenti e in direzione del Papa non ho potuto fare a meno di pensare che in tutta quella folla, tra le parole in tutte le lingue e le musiche toccanti del rito albergasse una buona quantità di bene.
Saltando di palo in frasca, qualcosa di molto buono ho visto nel fatto che il capo della Turchia, Erdogan, è stato sconfitto in quasi tutte le grandi città in cui si sono svolte elezioni locali, a cominciare da Ankara e Costantinopoli, dai partiti di opposizione, forse un po’ meglio di lui e dei suoi.
Altro sintomo forse benefico. Secondo la Lettura del Corriere della sera in testa ai saggi più venduti ci sono l’autobiografia del Papa (Life. La mia storia nella Storia, Harper Collins) e il libro di Gino Cecchettin (Cara Giulia, Rizzoli). Poi viene il generale Vannacci.
Dopo le parole del padre e della sorella di Giulia Cecchettin altri maschi si sono detti pubblicamente più responsabili sulla violenza contro le donne.
Ne potrà nascere qualcosa di buono? Anche un rifiuto della violenza bellica?
Se ne discuterà sabato 6 aprile su proposta di maschile plurale (in un progetto con i fondi 8 per mille di Soka Gakkai. Informazioni su www.maschileplurale.it )

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