LA ZONA D’INTERESSE – Film di Jonathan Glazer. Con Christian Friedel, Sandra Hüller, Medusa Knopff, Gerard Maurer, Arthur Liebehenschel, Schwarzer, Usa-Polonia 2023. Fotografia di Łukasz Żal, scenografia di Chris Oddy, musica e suoni di Mica Levi.
Il film è molto bello e suggestivo ma è proprio un pugno nello stomaco. Liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Martin Amis, “La zona di interesse” descrive la vita “serena “del primo comandante di Auschwitz, Rudolf Höß (interpretato nel film da Christian Friedel). A lui si devono la costruzione del campo e l’impiego del gas Zylon B per semplificare e velocizzare le uccisioni.
Siamo nel 1944 e la famiglia di Höß, la moglie Hedwig (interpretata da Sandra Hüller) con cinque figli, vive in una villetta separata dal lager da un alto muro con un enorme giardino seguito con cura dalla padrona di casa, appassionata di giardinaggio, coadiuvata da giovani polacchi, così come tutta la servitù.
Al di là del muro ci sono i suoni, i cani che abbaiano, gli spari, i gemiti e le ciminiere in azione cui la felice famigliola non dà né attenzioni né peso: la famosa indifferenza tanto condannata dalla nostra Liliana Segre.
A me ha ricordato in alcuni momenti quello splendido film ungherese di Lásló Nemez “Il Figlio di Saul” del 2015 (che ha vinto l’Oscar nel 2016 come migliore film internazionale) ubicato sempre ad Auschwitz nelle cui camere a gas Saul lavora come Sonderkommando. Nemez usa l’espediente dei suoni per evocare l’orrore della Shoah. Come del resto “La zona d’interesse”, “Il figlio di Saul”, è un film molto duro, dove la violenza è tangibile ma non è manifestata attraverso le immagini, non ci sono descrizioni o spettacolarizzazione delle camere a gas, ma ci sono i suoni, i rumori, le urla. Ne “Il figlio di Saul”, i corpi nel lager si possono intravedere nel voluto “fuori fuoco”. Tutto è claustrofobico e visto ad altezza d’uomo. Solo un paio di scene in esterno – l’arrivo e la fuga – dove si vede la bellezza della natura incontaminata che contrasta manifestamente con l’organizzazione perfidamente scientifica dello sterminio.
Qui invece l’atmosfera nella casa è idilliaca, ci sono la festa di compleanno del comandante, i picnic nel parco, la pesca nel fiume. A un certo punto arriva anche la mamma di lei. Sembrerebbe una vita da middle class suburbana americana. La mamma parlando dice che andava a fare le pulizie da una ricca signora ebrea, adesso invece lì si rimediano pellicce, gioielli e anche gli oggetti di arredo. «Quanto mi piacevano quelle tende, ma l’ha prese la vicina!» racconta la madre alla figlia. Qua e là qualche battuta antisemita revanchista, altrimenti i discorsi vertono sulla banale problematica quotidiana, solo che il capofamiglia tutte le mattine, al di là del muro, andava a sterminare centinaia di ebrei studiando tecnologie migliori e metodi più rapidi per passare velocemente da centinaia a migliaia.
Le perfette scene e la fotografia sono assolutamente agghiaccianti e trasmettono una grande angoscia, specialmente nell’ultima parte dove Rudolf Höß, nominato ispettore, è costretto a lasciare Auschwitz e va nella sede dell’Ispettorato ai campi di concentramento a Oranienburg, con l’obiettivo di andare a vigilare tra i lager.
Ogni tanto il regista si permette qualche commistione stilistica come gli inserti in bianco e nero di Hansel e Gretel o un flash-forward verso la fine del film.
Quasi tutti i critici hanno menzionato il famoso saggio di Hannah Arendt sulla banalità del male da lei scritto in occasione del processo ad Adolf Eichmann. Difficile pensare che questi uomini metodici, efficienti e meccanici esecutori potevano essere contemporaneamente anche mariti devoti e padri affettuosi.
Ondacinema, riguardo al film di Jonathan Glazer, ha affermato: «”La zona d’interesse” propone allo spettatore un’osservazione raggelata ed entomologica, capace di resistere all’impassibilità dei personaggi per cogliere l’attimo in cui la normalità diventa affezione patologica».
Presentata in anteprima al 76mo Festival di Cannes, la pellicola ha collezionato, 5 nomination importanti agli Oscar 2024, comprese quella a miglior regia, miglior film internazionale e miglior film dell’anno.