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Con Gabriella e la sua storia sabato 2 marzo

29 Febbraio 2024
di Letizia Paolozzi

Sabato 2 marzo 2024, alle ore 11.00 nella Sala conferenze della Fondazione Basso, le amiche e gli amici di Gabriella Bonacchi si riuniranno per ricordarla (Via della Dogana Vecchia, 5 – 00186 Roma – [email protected] – www.fondazionebasso.it)

Gabriella Bonacchi respirò intensamente l’aria del tempo.
Si staccò spiritualmente dal domicilio famigliare pur conservando legami intensi con la famiglia, la sorella e la nipote.
Fu nel gruppo di studiose che per dieci anni, dal 1981 al 1993, puntarono con la rivista quadrimestrale “Memoria” a un’apertura interdisciplinare nel rappresentare sguardi e prospettive differenti della storia e della cultura delle donne.
Una gamma di titoli: da “ragione e sentimenti” a “piccole e grandi diversità”; dai “corpi possibili” a “raccontare, raccontarsi”; da “culture del femminismo” al “movimento femminista negli anni ‘70”; da “uomini” a “amicizie” descrive bene la ricerca che incluse per ogni titolo una parte monografica dedicata a un tema.
Il progetto di “Memoria” era quello di fare storia guardando all’universo femminile per troppo tempo tralasciato, dimenticato, taciuto.
E da storica, Gabriella Bonacchi scrisse tra gli altri testi Legge e peccato Anime, corpi, giustizia alla corte dei papi (1995, Laterza) dove si interrogava se non fosse la secolare repressione cattolica della sessualità la vera origine del declino demografico in Occidente.
Concorse alla pagina L’una e l’altro dell’Unità con pezzi di raffinata astuzia. Su Don Cascone, che indirizzò una supplica a Massimo D’Alema a nome di un embrione, commentò: “Il finto rimpicciolirsi del prete nell’embrione-bambino lascia trapelare tutta l’arroganza di una reale e ben consolidata fantasia maschile, il sogno di riprodursi tra eguali, fratelli che non hanno bisogno del desiderio di una donna per venire al mondo. E’ una storia molto antica che evoca, tra provette e congressi politici di appena ieri, scenari primordiali che ben conosciamo. Come dire: mio caro Don Cascone, non ci caschiamo più” (15 marzo 1997).
In anni recenti collaborò con le più giovani generazioni su DWF (tra gli articoli “Una genealogia guerriera. Sui generis”, “Dialogo sulla cura”, “L’impossibilità di essere uguali. A proposito della categoria di gender”).
Diresse la sezione “Studi e ricerche” della Fondazione Basso. Da pensatrice, produsse molti saggi tra cui uno su Culture, nuovi soggetti, identità a cura di Fiamma Lussana e Giacomo Marramao (2003, Rubettino) intitolato “I vestiti d’aria dell’imperatore. Per una critica femminista dell’ideologia italiana”.
Da aggiungere alcuni suoi saggi che meriterebbero di essere riletti. Come ad esempio “Dalla libertà che guida il popolo” alla Mujer Barbuda”: dimensione della libertà femminile in Italia”. Partecipò intensamente al femminismo. Assieme al gruppo di donne di Balena, partendo dall’opposizione alla guerra in Kosovo, si interrogò sul significato politico dell’intervento militare italiano.
Incostante ma calorosa, ebbe fame di nuove amicizie, nuove scoperte, nuove aperture sociali.
Plasmò assieme all’adorato Giacomo Marramao l’idea di una coppia del ’68. Organizzò la sopravvivenza famigliare, dal cibo alle bollette, dalle vacanze alla tintoria; lei e lui si mossero all’unisono negli incontri della Fondazione Basso, nei dibattiti, nelle intense frequentazioni mondane.
Giacomo la protesse; Gabriella lo sostenne. Lui la ascoltò; lei giurò sulla buona fede di lui. Ebbe fiducia in lui e lo difese: vide nel Me Too annidati i pericoli di un giustizialismo femminista.
Reagì alle discussioni politiche, alla visione di un film, alla lettura di un libro, con vemente passionalità sparpagliando sfoghi che infrangevano le regole imposte dall’ortodossia accademica e sociale.
Scambiò indirizzi collezionando scarpe, cinture, collane, bluse, sottane, borse, nastri, bottoni. D’altronde, osservò la moda ispirandosene per i suoi personali travestimenti, giustificata come amava ripetere, dall’autorità di Simmel.
Ebbe un forte apprezzamento per i gesti di libertà delle donne. In questo modo rese più saldo il vincolo che la univa al femminismo e a quante di noi l’hanno avuta accanto negli anni.

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